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Dodici ragazze nude, meglio, dodici corpi femminili, abbarbicati agli scogli in posizioni disagevoli, ma comunque ammiccanti, celebrano come ogni anno la gigantesca marchetta del calendario Pirelli. Tutti i giornali ne parlano, sperticandosi in lodi sulle “bellissime immagini”, scambiando la forma per il contenuto. Ossia bei culi e belle tette. Ma dirlo non è “glam”.
È chiaro che Pirelli è potente, che la pubblicità è il sale dei giornali, che mettersi di traverso è scomodo.
Più scomodo forse di stare inginocchiata nuda sul bagnasciuga come fa la modella Saskia de Brauw. Destinata, immaginiamo a finire sul finestrino di qualche camionista o appesa nel gabinetto di qualche vecchio gommeux. Ma questi sono affari suoi.
Sono affari nostri continuare a fingere di non vedere ciò che è lampante: per favore, eliminiamo l’equivoco che spaccia per roba artistica una volgarissima riproposizione del vecchio, ma proprio stravecchio binomio donne-motori, anzi, donne e copertoni. Che un marchio importante del “made in Italy” come Pirelli si faccia promotore di un messaggio così scadente, che esalta lo stereotipo vecchio stile, non è più accettabile. Viene quasi da ridere a leggere nel sito aziendale della suddetta fabbrica di pneumatici queste parole: “E” soprattutto il Calendario Pirelli a testimoniare la forza del Gruppo nella comunicazione. Un successo che il presidente Marco Tronchetti Provera sintetizza così: “Il calendario Pirelli è in linea con la tradizione industriale del nostro gruppo: anticipare i tempi attraverso l”innovazione”. Speriamo che negli altri settori aziendali siano un po’ più avanti.
Ma forse il tema vero sotteso è lo strabismo che colpisce anche noi, anche me, che tolleriamo sui nostri giornali il nudo “artistico” perché griffato, mentre nella pagina accanto parliamo di dignità della figura femminile nella rappresentazione della carta stampata e in tivù. La soluzione non è certo un calendario Pirelli di maschi nudi, credo. E nemmeno il bigottismo. Ma se guardo quelle foto patinate non trovo niente, ma proprio niente, che non mi offenda. Non sono io “l’utilizzatore finale”, però c’è qualcosa di sbagliato se un grande marchio usa qualcosa di sgradevole e mortificante per una considerevole fetta della popolazione per promuovere la propria immagine. Forse, come gruppo, organizzazione, professioniste della comunicazione., potremmo istituire un bollino rosa, per la comunicazione pubblicitaria “women friendly” e un bollino nero per quella “unfriendly”. Dopo tutto gli pneumatici li compriamo anche noi. Qualcosa di più incisivo? Idee e proposte sono bene accette.
L’associazione Pari e dispari ha promosso un Manifesto per l’utilizzo responsabile della figura femminile in pubblicità a cui hanno aderito diverse grandi aziende italiane. Ho controllato, la Pirelli non c’è.
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