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Tre volte alla settimana le sorelle Shabnam e Sadaf Rahimi, componenti della squadra di pugilato donne in Afghanistan, indossano i guantoni e salgono sul ring in un paese dove l”accesso delle donne all”occupazione e all”istruzione resta una lotta da combattere tutti i giorni. Tre volte alla settimana, le due sorelle vanno ad allenarsi allo stadio Ghazi di Kabul che nel 1990 veniva utilizzato dai talebani per le lapidazioni contro le loro coetanee sposate accusate di adulterio. Per Shabnam e Sadaf Rahimi, dunque, fare a pugni oggi significa conquistare un po” di libertà, la liberta” di essere donna.
Storia dal sapore amaro e apparentemente uscita da un romanzo d”altri tempi, in realta” tremendamente attuale come dimostra la passione per la boxe di due ragazze afghane in corsa per una medaglia olimpica ai Giochi di Londra 2012. Una vita cominciata gia” alle corde per difendersi dalla cultura maschilista del loro paese e poi finita a incrociare i guantoni sul ring, quella di Shabnam e Sadaf Rahimi. La missione che attende le due sorelle della nazionale afghana di pugilato va inevitabilmente oltre lo sport per dare il loro contributo alla lotta per i diritti delle donne. E vincere una medaglia alle Olimpiadi sarebbe un trionfo ben piu” ampio rispetto ad semplice risultato sportivo.
Impegno tanto piu” arduo se si pensa a dove Shabnam e Sadaf ed altre atlete sono costrette ad allenarsi: una specie di palestra con specchi rotti, muri con l”intonaco che si scrosta, quattro vecchi sacchi da boxe e un pavimento in cemento imbottito di stuoie sbiadite rosa e verde. Alcune ragazze sono costrette ad indossare delle maschere per non respirare la polvere che vola via dal pavimento. Ma nonostante tutto, per le due sorelle, poter salire sul ring e combattere e” come aver trasformato un sogno in realta”.
Il pugilato femminile è stata creato nel 2007 dal Comitato olimpico afghano per abbattere stereotipi e incoraggiare le ragazze a lottare per i propri diritti. “Vogliamo mostrare al mondo che le donne afghane possono essere leader, che possono fare tutto, anche le pugili”, ha detto Mohammad Saber Sharifi loro allenatore ed ex campione di boxe professionistica. La squadra ha ricevuto il sostegno finanziario dal Comitato olimpico afghano e da una organizzazione non governativa, la Cooperazione per la pace e l”unità, e ora spera di beneficiare di nuovi finanziamenti per ampliare l”attrezzatura e partecipare a incontri internazionali. Ad almeno un anno delle Olimpiadi di Londra, dove la boxe femminile sarà presente per la prima volta, le pugili afghane sperano di vincere il biglietto per la capitale britannica durante le prove di qualificazione previste in Cina a maggio.
””Ho sempre sognato di diventare una pugile. In un primo momento mio padre non era affatto d”accordo con me – ha ammesso la 18enne Sadaf quasi senza fiato dopo aver preso a pugni il sacco – Ma dopo aver ottenuto la mia prima medaglia, ha cambiato idea””. La boxe femminile e” ancora relativamente poco praticata in diversi paesi ma specialmente in Afghanistan, un paese dove le violenze e gli abusi in casa sono all”ordine del giorno. ””Qualche anno fa – racconta Shabnam – qualcuno ha chiamato mio padre, per minacciarlo, e dirgli che ci avrebbero rapito o ucciso se avesse continuato a permetterci di allenarci””. E così, per un mese, le due ragazze non hanno potuto allenarsi. Ma poi all”allenatore è venuta una brillante idea: organizzare il trasporto delle due giovani con un”auto e limitare gli allenamenti in palestra pur di non farle fermare.
Le sorelle Rahimi mirano al podio. Shabnam ha vinto la sua prima medaglia d”oro in una competizione internazionale in Tagikistan quest”anno, la stessa dove sua sorella minore ha conquistato la medaglia d”argento. “Voglio diventare un”ottima pugile in modo che possa alzare la bandiera afghana davanti al mondo”, ha detto Shabnam. Le due sorelle continuano a sognare dunque e, schivando i colpi dell”intolleranza, contano di mettere al tappeto ogni discriminazione.
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