Questa sera abbiamo voluto analizzare un tema presente nel recente dibattito sulla comunicazione televisiva: quanto sia estesa e “reale” la presenza dell’informazione “al femminile”, sia per ciò che riguarda l’apporto delle colleghe giornaliste, sia per i contenuti informativi veri e propri che riguardano più del 50% della popolazione italiana.
Veniamo ora al nostro contributo, dal valore certo limitato ed “episodico”, ma che comunque può rappresentare una piccola base di riflessione. Questa sera su 7 edizioni di Tg delle reti generaliste, 4 hanno avuto una conduzione “al maschile” (TG 4, TG La 7, TG 5 e TG 2), 3 “al femminile” (Studio Aperto, Tg 3, TG1). Su di un totale di 95 servizi proposti, 46 sono realizzati da giornaliste, 49 da giornalisti. Questa la “media”, ma le differenze sono notevoli.
Il Tg più “al femminile” è quello diretto dall’unica direttrice, Bianca Berlinguer: 11 i servizi “donna”, solo 4 quelli realizzati da colleghi. Quello più ancorato al sesso “forte” è il Tg 1: 13 servizi “ al maschile”, contro 7 realizzati da giornaliste.
Questi numeri, comunque, valgono assai poco e certo la questione del ruolo femminile nella professione e nella società non è affrontabile con la cabala o la calcolatrice. Ma certo, anche di fronte a presenze comunque rilevanti, c’è da chiedersi quanto pesino realmente nelle scelte delle redazioni e – soprattutto – delle gerarchie redazionali, temi e sensibilità al femminile, e quanto il ruolo spesso ancillare e decorativo copra un vuoto di reale attenzione e di tendenziale pariteticità, nella società come nell’informazione.