Ho conosciuto Joumana Haddad a Catania, dove il 25 novembre – che splendida coincidenza – ha ricevuto il premio per la stampa estera dalla Fondazione Maria Grazia Cutuli.
Erano i giorni in cui la battaglia di GiULiA per i diritti delle donne era ancor più strenua del solito per via di una serie di iniziative concomitanti che si svolgevano in tutta Italia sul tema del femminicidio e, più in generale, sulla violenza sulle donne.
Con Joumana, una delle più importanti intellettuali del femminismo arabo, ne abbiamo parlato, non potevamo non parlarne. Una chiacchierata tra donne davanti ad un paio di cannoli siciliani che abbiamo divorato estasiate, ma che non ha reso meno intenso il tema che andavamo ad affrontare.
Per lei, giornalista, scrittrice e poetessa libanese, attivista per i diritti delle donne che si è imposta come una delle voci più libere ed efficaci dell’intero mondo arabo, con la sua tempra e il suo coraggioso percorso professionale e civile, parlare di questo tema è ormai l’impronta della sua vita.
Non dimentichiamo che a Beirut Joumana ha fondato e diretto Jasad (“corpo” in arabo), una rivista culturale senza precedenti in lingua araba, specializzata nelle arti, letterature e scienze del corpo. Fondata nel 2008, il primo numero è apparso in dicembre dello stesso anno, e ha suscitato una grande polemica perché trattava di argomenti che sono tabù nelle società a lingua araba. Oggi Jasad non esce più, mancanza di fondi, di pubblicità, di soggetti che vogliono investire su un prodotto scomodo. Ma Joumana non demorde, sa che un giorno Jasad tornerà a far sentire la sua voce.
Spesso negli articoli si legge che una donna “è stata uccisa per amore”.L’espressione uccisa per amore mi fa indignare. È un’espressione che non dovrebbe essere utilizzata perché l’amore non può condurre a un crimine simile. L’amore non può uccidere. Mi fa pensare, ad esempio, ai crimini d’onore nel mondo arabo che tolgono la vita ogni anno a migliaia di donne. Ma di quale amore e onore stiamo parlando? Occorre ripensare a tutte queste parole e a tutti questi valori sotto una luce non patriarcale. L’uomo, in questo caso, tratta la donna come un possesso fino ad ucciderla. Se non sei mia ti uccido. Anche nei casi dei crimini d’onore quello che fai influenza tutta la famiglia, il tuo corpo è la mia proprietà, è la stessa cosa. Ecco perché sostengo che oggi è necessaria una rivoluzione anche al maschile.
Il sultano è tutt’altro che morto, quindi. Ed era il tema che hai affrontato nel libro che ti ha fatto conoscere nel mondo [i]Ho ucciso Sherazad.[/i]
Sherazad era la perla perfetta, priva di difetti. Per sopravvivere al re che ogni sera uccideva una donna del suo harem, gli raccontava una storia ogni volta diversa. Una tattica intelligente messa in atto per non morire. Ma oggi io, donna moderna, non ho più bisogno di raccontare storie per far valere i miei diritti. Dobbiamo chiudere con il sultano e le donne dell’harem, più le donne sono emancipate e più un paese è libero. Sogno questo per il mondo arabo. Donne libere.
Emancipazione significa anche non indossare più il velo?
Cos’hanno i capelli e il viso? È una follia, è uno dei tanti condizionamenti. È qualcosa di assurdo che serve solo a ricordare che le donne devono ubbidire. Loro dicono che è una scelta, ma non è vero. Bisogna scegliere la libertà di essere libere. Dicono che i capelli sono uno strumento di seduzione, ma questo è umiliante per l’uomo innanzitutto, perché significa che l’uomo è come una bestia, in preda solo ai suoi istinti.
Quello che segue è l’estratto del suo libro [i]Superman è un arabo[/i] (Mondadori – Gennaio 2013) che ci ha concesso perché venisse pubblicato su GiULiA.
Via alla rivoluzione maschile di Joumana Haddad
Molti uomini arabi sono intrappolati in un circolo vizioso di violenza che deriva da una teoria falsa sulla virilità, una parodia del vero significato di quella parola. Che interpreta la mascolinità come un’intrinseca brutalità; che depreda i suoi molti aspetti positivi; che collega il testosterone alla rabbia e all’aggressività, e rinforza un sistema patriarcale che si basa sulla dicotomia dominanza/sottomissione. Aggiungete a questa educazione distorta il lavaggio di cervello religioso, e la castrazione imposta da dittature e povertà, così gli uomini arabi, per vendicare le palle di cui sono stati privati, sono costretti a trovarsi dei capri espiatori: le donne.
Ma questi fatti si limiterebbero al mondo arabo? Purtroppo no. Secondo il Consiglio Europeo, una donna europea su cinque è vittima di aggressione sessuale almeno una volta nella vita. Il 98 per cento degli aggressori sono maschi. A Oriente, esistono generazioni di donne cancellate e imbavagliate, eliminate dall’oppressione e dall’ignoranza assoluta. Mentre in Occidente, ci sono generazioni di donne trasformate in oggetti; in corpi che sono semplici merci. Qui abbiamo il burqa, là avete pezzi di carne venduti all’asta. Francamente, non so come possa fare una donna a vivere oggi nel mondo, senza infuriarsi di continuo per gli insulti e gli abusi che subisce e che hanno lo scopo di eliminarla o sfruttarla.
Sfortunatamente, molte donne sostengono le nozioni negative di mascolinità, esaltando soprattutto i cattivi ragazzi e i maschi alfa intorno a loro; donne che sono un fetido prodotto del sistema patriarcale. Sto parlando di quelle donne per le quali più un uomo le ignora o le maltratta più lo trovano attraente. Donne che scelgono maschi alfa invece di uomini decenti e rispettosi. Che quando sono incinte desiderano figli maschi invece che femmine. Che educano i loro bambini a essere dei superuomini e le loro bambine a essere docili e mansuete. Che restano in silenzio quando le figlie subiscono abusi, sia fisici sia psicologici. Che disprezzano, odiano e combattono le donne di successo. Che non credono nelle donne di successo. Ma più di tutte, donne che sono veramente e profondamente convinte che gli uomini sono il sesso più forte, quello superiore, più intelligente…
Perciò, oramai abbiamo bisogno di un nuovo genere di donne: il tipo di lottatrici che combattono con le unghie e con i denti per i loro diritti senza bisogno né di ricattare né di neutralizzare gli uomini; donne che non vogliono rimpiazzare la società patriarcale con una matriarcale, ma si battono per una reale collaborazione con il genere maschile. Abbiamo anche bisogno di un nuovo tipo di uomini: quelli che per sentirsi “maschi” non hanno bisogno che le donne siano sottomesse, i loro diritti violati e i loro sentimenti degradati.
Le palle vengono a un prezzo, questo è certo. Tuttavia, molti uomini non sanno quale sia quel prezzo. Non sanno che bisogna resistere alla facile tentazione di essere macho e promuovere invece un’interpretazione decorosa, nobile e giusta dei loro poteri, oltre a un riconoscimento liberatorio e catartico delle loro debolezze.
Ciò che serve ora, insieme alla rivoluzione femminile, è niente meno che una rivoluzione maschile: una radicale, strutturale, non violenta rivoluzione, che possa sviluppare una relazione più matura e soddisfacente tra i due sessi.
E nel farlo, gentiluomini, ricordatevi questo: il machismo non è uomini contro donne. È uomini contro bambocci.
(estratto di Superman è arabo – Mondadori – Gennaio 2013)