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Luciana Littizzetto che arranca con sorrisetto beffardo sui tacchi ci ha divertito. Ma soprattutto ci ha dato una notizia, una buona notizia: la fine dell”impero del velinismo.
Se poi la fine dell”impero del velinismo ci dice anche altro, ci parla, cioè, anche della fine di un mondo di maschere e ceroni, non è facile a dirsi. Ma è possibile.
Talvolta le cose grandi e importanti si annunciano così: attraverso fatti semplici e persino banali. Come quando, con uno sberleffo alla storia, un piccolo aereo, bucando la famosa cortina di ferro, la rese agli occhi del mondo penetrabilissima.
Anche Luciana ha violato uno spazio importante e per atterrare sulla piazza di Sanremo ha dovuto bucare la cortina di fumo di una cultura misogina ben nascosta dietro l”esibizione della beltà femminile più o meno, nei decenni, decentemente esibita.
E non basta: atterrata a Sanremo, la nostra, tra danze e piroette, ha osato gridare: Se Non Ora Quando? Ha così tracciato un arco che ha connesso idealmente la piazza italianissima di Sanremo con quelle italianissime nelle quali il 13 febbraio di due anni fa quel grido si dispiegò potente per dire anche: “Non ti è lecito” a chi aveva stracciato oltre ogni misura la dignità delle donne di questo Paese.
Per la Rai è un fatto degno della sua storia bella. Ne va dato atto al gruppo dirigente. E ora, a Sanremo archiviata, lo si può riconoscere: Luciana Littizzetto non è approdata a Sanremo da sola.
Ma a chi dirige la Rai si chiede di più, molto di più: un vero servizio pubblico, sgombrato da abitatori abusivi. Si chiede che venga finalmente messa a tema -in collaborazione con governo e forze culturali e sociali- l”ipotesi di un sistema di governance atto a sottrarre per sempre il servizio pubblico alle influenze che tendano ad asservirlo a scopi di parte.
Vorremmo che quel che di bello ci è venuto da Sanremo non fosse episodico. Vorremmo fosse un segnale di qualcosa di più: la capacità di rimettersi in sintonia con le italiane e gli italiani, la capacità di contribuire a ricostruire il tessuto di rapporti sociali lacerati oltre ogni limite.
Vorremmo fosse per il servizio pubblico il segno di un nuovo inizio con una missione chiara: fare del nostro un Paese orgoglioso e coeso, abitato e abitabile anche dalle donne, dalle donne come dagli uomini. Se la Rai ci prova, ce la può ancora fare. Occorre volerlo.
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