Da oggi nel comune di Bologna la scheda elettorale si tinge di rosa. Il capoluogo emiliano, infatti, è tra i primi in Italia ad avere recepito la legge 215 del 2012 che garantisce, negli enti locali con più di 5mila abitanti, parità di accesso tra uomini e donne ai consigli comunali.
Con la delibera del 15 aprile scorso (arrivata in anticipo di due mesi sulla scadenza individuata dalla legge nazionale) Bologna ha modificato il vigente regolamento elettorale, puntando sulla competizione elettorale au pair per dare il via ad una nuova stagione della politica locale.
Al cambio di giunta (nel 2016) gli elettori avranno la possibilità di indicare due preferenze (fino ad ora una sola) a patto che la seconda preferenza venga accordata ad un candidato di genere diverso dal primo. In pratica se la prima preferenza viene data ad un candidato uomo, il secondo voto (facoltativo) dovrà essere necessariamente dato ad una donna pena l’annullamento della seconda preferenza.
«Questa delibera – spiega Simona Lembi, presidente del consiglio comunale di Bologna nonché firmataria della relativa proposta – si inserisce in un solco di provvedimenti che tendono a colmare una distanza insormontabile tra gli uomini e le donne che partecipano allo sviluppo della società. La sua importanza rileva soprattutto avendo riguardo alla qualità delle scelte politiche. Mi spiego. Pensiamo alla legge sugli asili nido. Nonostante risalga al 1969, in Italia oggi ci sono appena 15 posti nido ogni cento nati. Ipotizzo che ci spossa essere una relazione tra questo flop e l’assenza di donne in parlamento. Altro esempio: la violenza contro le donne è stata dichiarata un reato contro la persona e non più contro la morale soltanto nel 1996. Ipotizzo anche qui che ci sia una relazione tra il fatto che la legge sia passata praticamente ieri e la quasi totale assenza delle donne dalla vita politica».
Dal 1946, anno in cui le italiane furono chiamate per la prima volta a votare per il referendum tra monarchia e repubblica (mentre il suffragio universale arrivò soltanto nel 1948) fino al 2001, la presenza delle donne nelle istituzioni del Paese è sempre stata inferiore al 10%.
«L’obiettivo oggi – continua Lembi – non è quello di blindare il risultato andando a rispolverare un vecchio concetto di quote di genere che peraltro è stato dichiarato incostituzionale. Lo spirito della normativa è quello di garantire maggiori opportunità di accesso alla politica. Per come conosco queste questioni sulle pari opportunità mi aspetto un ottimo feed-back da questa legge».
Bologna non è stata la prima città italiana a recepire questa normativa. Prima di lei, infatti, secondo quanto riferisce l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni italiani, c’è stata Forlì che, in tal senso avrebbe già deliberato proprio l’8 marzo (data simbolica). O, ancora, anche a Roma, alle prossime elezioni amministrative, si potrà optare per la seconda preferenza.
A Bologna però il tema è stato rilanciato estendendo questa disciplina anche alle elezioni nei consigli di quartiere e con una precisa modifica dello statuto.
«Abbiamo voluto modificare lo statuto – conclude Lembi – cambiando il senso della frase il comune promuove le pari opportunità. L’impegno dell’ente adesso non è più quello di promuovere ma di garantire le pari opportunità con azioni concrete che la giunta attuale e quelle a venire dovranno farsi carico di porre in essere».