A processo: denunciò immagini offensive

'Va a processo la collega Marina Morpurgo, querelata più di un anno fa per aver denunciato su Facebook un''immagine offensiva per le donne.'

A processo: denunciò immagini offensive
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Redazione Modifica articolo

9 Gennaio 2015 - 17.38


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Si apre il processo alla collega Marina Morpurgo, querelata più di un anno fa per aver denunciato su Facebook un”immagine offensiva per le donne. Riprendiamo l”articolo di Pietro Falco, pubblicato sull”Espresso:

Sulla propria bacheca di Facebook, accessibile solo agli amici, è lecito esprimere liberamente un giudizio motivato di sdegno e riprovazione nei confronti di qualcuno o qualcosa? E” una manifestazione della libertà di opinione tutelata dalla Costituzione, o si rischia di incorrere nel reato di diffamazione a mezzo stampa? E” quanto dovrà stabilire un giudice monocratico di Foggia, nel processo che vede imputata la giornalista Marina Morpurgo, per anni inviata de L”Unità e poi caporedattore del settimanale Diario.

Qualche giorno fa il pm della procura foggiana, Anna Landi, ha emesso ai suoi danni un decreto di citazione diretta a giudizio: vale a dire, un provvedimento previsto dall”ordinamento per i reati punibili con una reclusione non superiore ai quattro anni, che non necessita del vaglio di un giudice per le indagini preliminari. L”accusa è appunto quella di “diffamazione a mezzo stampa” per aver “offeso l”onore” della Scuola di Formazione Professionale Siri, “denigrandone su un social network la campagna pubblicitaria”.

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All”origine della vicenda, c”è un manifesto che immortala una bambina bionda, di circa 6 o 7 anni, intenta a passarsi un rossetto sulle labbra con espressione ammiccante. Sopra la foto, una dichiarazione perentoria a caratteri cubitali: “FARO” L”ESTETISTA, HO SEMPRE AVUTO LE IDEE CHIARE”.

Quando se lo ritrova davanti, Morpurgo si indigna: “Trovavo quell”immagine del tutto inappropriata e addirittura inquietante, per l”utilizzo a scopi pubblicitari di una bimba ritratta in quel modo, e per la maniera in cui veniva ancora considerata la donna, a dispetto di tutte le battaglie di emancipazione degli ultimi decenni”. E così decide pubblicare il manifesto sulla propria bacheca di Facebook, chiosandolo con una serie di commenti.

Le considerazioni riportate nell”atto d”accusa della procura e riferite a momenti diversi sono queste: “Anche io ho sempre avuto le idee chiare: chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato ed impiumato (citazione tratta dai vecchi fumetti di Paperino, ndr)… I vostri manifesti e i vostri banner sono semplicemente raggelanti… Complimenti per la rappresentazione della donna che offrite… Negli anni Cinquanta vi hanno ibernato e poi risvegliati?”.

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A quel punto, passano diverse settimane prima che la titolare della scuola, Maria Laura Sica, decida di sporgere querela. E il pm Anna Landi ritiene di ravvisarvi indizi sufficienti per aprire un fascicolo ed iscrivere la giornalista nel registro degli indagati. Il resto è storia di oggi.

A nulla è valsa la memoria difensiva presentata dall”avvocato Carmela Caputo, che poneva obiezioni sia di metodo (“Con riferimento a facebook o a social network analoghi, per il reato di diffamazione a mezzo stampa, la Cassazione non si è ancora pronunciata”), che di merito (“Le espressioni incriminate sono state riportate sulla pagina personale della Morpurgo, frequentata esclusivamente da suoi amici. Le comunicazioni lì pubblicate non sono visibili a tutti, ma solo al gruppo di amici del titolare della bacheca. Difetterebbe, quindi, il requisito strutturale richiesto dal comma 3 dell’articolo 595 del codice penale”).

Ma soprattutto, ad essere interpellato era un principio fondamentale, come quello sancito dall”articolo 21 della Costituzione: la facoltà di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

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“E’ inaccettabile – argomenta nella nota l”avvocato Caputo – che una stimatissima professionista venga indagata non per aver detto il falso, o denigrato persone o enti, bensì semplicemente per aver espresso un’opinione che può piacere o non piacere, ma che deve comunque ritenersi più che legittima e manifestata nei limiti della legalità. E’ inaccettabile che la signora Morpurgo si ritrovi nel registro degli indagati per aver esercitato il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, utilizzando l’ironia e il sarcasmo per polemizzare su un manifesto discutibile, che appare fortemente lesivo dell’infanzia”.

La palla ora passa al giudice monocratico. La prima udienza è fissata per il prossimo 15 maggio.

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