Donne e carcere. E quella “discriminazione involontaria”

In Puglia un convegno (1 ottobre, sala del rettorato, Unisalento) per discutere di discriminazione di genere nelle carceri

Donne e carcere. E quella “discriminazione involontaria”
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1 Ottobre 2016 - 16.53


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C’è una “discriminazione involontaria” nel sistema carcerario italiano. Lo scrive il Ministero della giustizia, nel report annuale in cui riporta i dati dei detenuti nelle carceri italiane.

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Affollate, e solo da uomini. Perché solo il 4% dei reclusi è donna.

In Puglia su 3.114 detenuti 146 sono donne e il trend è in diminuzione e riguarda anche le donne con bambini, recluse, in Puglia, solo in un carcere: Foggia.

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La maggior parte delle donne carcerate, scrive ancora il Ministero, si trova in 52 reparti isolati dentro penitenziari maschili e vive una realtà che è progettata e costruita «da uomini per contenere uomini».

Gli istituti penitenziari destinati in modo esclusivo alle donne in Italia sono cinque, di cui uno in Puglia: Trani, Pozzuoli, Roma Rebibbia, Empoli e la Giudecca a Venezia. In molti casi le detenute «sono lontane dalle loro famiglie», hanno necessità di salute particolari e «i loro bisogni specifici, in buona parte correlati ai bisogni dei loro figli, sono spesso disattesi».

Anche per questo l’Associazione nazionale donne magistrato italiane ha scelto la Puglia per discutere di discriminazione di genere nelle carceri, in collaborazione con l’Università del Salento e con il patrocinio di Consigliera Regionale di Parità, Associazione Nazionale Magistrati, Consiglio Nazionale Forense, Ordine degli Avvocati di Lecce.

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Il convegno (1 ottobre, sala del rettorato, Unisalento) è il naturale prosieguo del confronto internazionale a cui ha partecipato l’ADMI durante i lavori sia del Convegno Mondiale delle donne giudice I.A.W.J. (International Association Women Judges) di Washington DC dal 26 al 29 maggio 2016, sia nella conclusione degli Stati Generali Ministeriali della Giustizia e affronterà i seguenti focus:

1) La specificità della detenzione al femminile: cautela, esecuzione della pena e profili organizzativi; Coordina Ines Casciaro – Magistrata di Sorveglianza Lecce e componente il direttivo ADMI

2) Carcere e Genitorialità; Coordina Cinzia Vergine GIP Tribunale di Lecce e componente il direttivo ADMI.

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3) L’esperienza della detenzione femminile nel Distretto della Corte d’Appello di Lecce; Coordina Rossano Ivan Adorno – Docente di Procedura Penale e Diritto all’esecuzione Penale Università del Salento.

E’ davvero raro vedere magistrate che si mettono in gioco, soprattutto in tematiche così spinose che l’opinione pubblica vuole rimuovere.

E dal momento che l’ADMI è davvero illuminata, pensiamo, perché non esserlo fino in fondo cambiando nome? “Associazione magistrate italiane”, e non più “Associazione donne magistrato italiane”. Perché non utilizzare il linguaggio di genere? Ce lo chiede la Crusca.

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