Emmanuel Macron aveva subito twittato: Très vives condoléances à la famille de Simone Veil. Puisse son exemple inspirer nos compatriotes, qui y trouveront le meilleur de la France.
Il meglio d’Europa, non solo della Francia, era Simone Jacob Veil. Una bandiera per le battaglie delle donne, vinte sfidando i conservatori (un deputato di destra le depose sul banco un feto in formalina per sfregio, ma ovviamente lei riuscì a far legalizzare l’aborto e prima ancora gli anticoncezionali) e in parte il suo stesso partito centrista. Come ebbe a dire: “Io? Sono a sinistra per alcuni aspetti, legati soprattutto ai grandi temi di società, a destra per altri…”.
Un esempio di come con intelligenza ed equilibrio – e tanta forza di volontà – si possano volgere in positivo anche le più tragiche prove della vita. Esercizio nel quale le donne eccellono. Tutte. Non per loro scelta, purtroppo. Perché ancora nel mondo imperano repressioni, inferiorità per legge, escissioni fisiche, violenze, spose bambine, sequestri, esclusione da professioni, salari dimezzati, femminicidi. Alla sua scomparsa, l’ultimo giorno di giugno, a ridosso dei 90 anni, e ai suoi ruoli pubblici in Francia e nell’Europa unita è stata data ampia copertura mediatica. Noi la ricordiamo come nostra compagna esemplare nel percorso di riscatto femminile – strettamente legato alle battaglie per i diritti civili, tutti – e segnaliamo alcuni servizi di colleghi. Peccato che il bel pezzo di Ettore Livini sulla Repubblica sia stato scorrettamente titolato “la presidentessa”. Presidente, caro collega titolista, è il participio presente del verbo presiedere e dunque ci pensa l’articolo a indicare il cambio di genere…
Ampia la copertura mediatica sulla sua scomparsa, così l’hanno ricordata le principali testate: