All'Onu le raccomandazioni delle donne italiane

Diritti umani e diritti delle donne. Tra le organizzazioni firmatarie anche il Forum of Mediterranean women journalists, organizzato da GiULiA. Di Marilù Mastrogiovanni

All'Onu le raccomandazioni delle donne italiane
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Marilù Mastrogiovanni Modifica articolo

13 Ottobre 2019 - 07.47


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Il 4 novembre l’Onu metterà sotto esame l’Italia sul tema dei diritti umani. Il nostro paese è infatti chiamato a fare il cosiddetto «terzo ciclo» della Revisione periodica universale (Universal Periodic Review – UPR), una procedura per cui, ogni quattro anni circa, tutti gli stati membri dell’Onu si sottopongono ad un esame complessivo in materia di diritti umani.

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L’obiettivo è quello di capire a che punto siamo in Italia – come anche in altri paesi – sull’applicazione degli human righs, spingere gli Stati ad adempiere agli obblighi affinché vengano garantiti, attuare politiche adeguate e creare informazione nell’opinione pubblica.

In vista dell’appuntamento Fondazione Pangea, con numerose organizzazioni, ha preparato un rapporto dettagliato sui diversi aspetti che riguardano la condizione delle donne in Italia.
Le raccomandazioni sono state presentate all’Onu ieri a Ginevra.
Anche il Forum of Mediterranean women journalists ha sottoscritto il documento.

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«Storicamente, l’attenzione dei governi ad un approccio di genere è stato intermittente e residuale. Sono ancora molti gli ostacoli che impediscono l’avanzamento dei diritti delle donne e il raggiungimento delle pari opportunità L’attuale Governo – a parte fare annunci – non sappiamo come intende muoversi», afferma da Ginevra Simona Lanzoni, vice presidente di Fondazione Pangea Onlus.

In questi ultimi anni le donne sono state attaccate sotto diversi punti di vista e gli sono stati attribuiti ruoli e stereotipi di genere tradizionali e conservatori. Per non parlare della piaga dei ‘discorsi dell’odio’, i cosiddetti hate speech, per colpire il corpo e le capacità delle donne e per svilirne la leadership, delle campagne che vogliono rimetterci dietro ad un ideale di focolare familiare che non è mai esistito se non nei libri della letteratura. In questi ultimi anni, poi, abbiamo assistito a vere e proprie azioni politiche usate per fare campagne sui nostri corpi: come il Fertility day della ex ministra della salute Lorenzin, la conferenza di Verona sulla Famiglia patrocinata dall’ex ministro della famiglia Fontana in cui come gadget davano la riproduzione di un piccolo feto e il ben noto decreto Pillon e i quattro disegni di legge a lui collegati, che vorrebbero punire le donne che vogliono divorziare, anche se vivono violenza domestica e togliere loro i figli sulla base della maggiore capacità reddituale.

«Abbiamo assistito, infine, a un vero e proprio attacco agli spazi delle donne, luogo indipendenti in cui si elaborano pensieri e pratiche di libertà. Bene, per tutto questo ed anche di più, abbiamo spesso temuto che i diritti che diamo per acquisiti e consolidati in realtà non lo siano affatto e li stavamo perdendo piano piano. Per questo abbiamo deciso di produrre queste raccomandazioni – prosegue Simona Lanzoni – concentrando molto l’attenzione sui diritti delle donne e su quanto che c’è ancora da fare».

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Il rapporto, infatti, si concentra su alcuni punti chiave legati alle politiche di genere, come i meccanismi che dovrebbero prevenire e contrastare la violenza sulle donne e facilitarne l’accesso alla giustizia; la relazione tra detenzione di ami e aumento dei femminicidi (sottolineando la pericolosità delle leggi emanate dall’utimo Governo che favoriscono il possesso delle piccole armi da fuoco); il tema della della salute riproduttiva, della prevenzione e della contraccezione che non sono ancora garantite a tutte (soprattutto alle donne migranti); la precarizzazione della condizione lavorativa femminile e di come questa incide sulle famiglie e sulla povertà. A centro delle nostre raccomandazioni anche il tema della tratta, i diritti delle migranti e delle richiedenti asilo e altri temi meno affrontati primo fra tutti il commercio delle armi in Italia attraverso il quale, il nostro Paese, incide sulla vita e sui diritti die tante donne che vivono nei luoghi in guerra, violando il Trattato sul commercio delle Armi (ATT) che l’Italia aveva ratificato nel 2013».

Conclude Lanzoni «Abbiamo infine depositato specifiche raccomandazioni che il Comitato CEDAW (Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione sulle donne) aveva presentato all’Italia nel 2017. Si tratta di impegni che l’Italia aveva assunto rispetto alla realizzazione degli Obiettivi sullo Sviluppo Sostenibile (SDG), alle Dichiarazione di Pechino e altri obblighi internazionali come l’applicazione della Convenzione di Istanbul. Speriamo quindi che il nuovo Governo in carica risponda alle nostre raccomandazioni, le accetti e ne dia seguito concretamente, sia con azioni politiche che con finanziamenti».

«Il Forum of Mediterranean women journalists, rete di giornaliste impegnate sui gender studies e per la difesa dei diritti delle donne e della libertà d’espressione è presente sui principali tavoli della cooperazione internazionale per la pace, dice la fondatrice del Forum, Marilù Mastrogiovanni, past probadomina di GiULiA giornaliste. «Ponti, non muri’ è il messaggio del Forum – conclude Mastrogiovanni – e con questa importante sottoscrizione rafforziamo il nostro impegno a moltiplicare gli spazi dove portare la voce delle donne giornaliste, perché contribuiscano, non solo con il loro lavoro quotidiano, ma anche sui tavoli decisionali, a costruire un mondo basato sulla pacifica convivenza interculturale. In ogni territorio, in ogni periferia del mondo, lì dove c’è una giornalista c’è un presidio di Democrazia, dunque di Pace».
 
Hanno aderito:

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•Fondazione Pangea onlus
•Cooperativa sociale Be free
•Associazione Filomena la rete delle Donne
•Associazione Parsec
•Unione Donne in Italia (UDI)
•Casa Internazionale delle Donne di Roma
•Nosotras onlus
•Associazione Trama di Terre
•Forum of Mediterranean Women Journalists
•Associazione Germoglio Viola-Milano
•Centro Antiviolenza Renata Fonte
•Giraffa onlus
•Prospettiva Donna onlus
•Cooperativa Prassi e Ricerca
•Associazione Ponte Donna
•Associazione Punto D
•Women’s International League for Peace and Freedom (WILP)

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