Le Olimpiadi della sorellanza partono tra amarezze azzurre e i soliti stereotipi | Giulia
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Le Olimpiadi della sorellanza partono tra amarezze azzurre e i soliti stereotipi

Nei primi cinque giorni di gara molte le storie di atlete rinate dalle ceneri, di battaglie contro il sessismo, medaglie prestigiose ma purtroppo anche qualche delusione tra le azzurre

olimpiadi Parigi
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Caterina Caparello e Elena Miglietti Modifica articolo

30 Luglio 2024 - 21.30


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SORORITÉ
È la parola che irrompe, come un fiume in piena, nella Cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Parigi, tenutasi venerdì 26 luglio. Una sorellanza che ha attraversato la Senna. Una sorellanza cominciata dalla stessa lingua francese, partendo da questa parola declinata dal corrispettivo maschile fraternité. Una sorellanza di atlete ed ex atlete (Federica Pellegrini, Nadia Comaneci, Marie-José Pérec e Serena Williams, per citarne alcune) che hanno mostrato come si siano da sempre battute per essere presenti, per essere considerate alla stessa stregua degli uomini. Professioniste. Una sorellanza che è stata confermata dal raggiungimento della parità di genere: 5.250 donne e 5.250 uomini (50%). E pensare che nella seconda edizione dei Giochi moderni, proprio a Parigi nel 1900, le atlete erano solo 22.
Ma questa sorellanza francese è andata oltre. Voltandosi indietro nella storia. Olympe de Gouges, Alice Milliat, Gisèle Halimi, Simone de Beauvoir, Paulette Nardal, Jeanne Barret, Louise Michel, Christine de Pizan, Alice Guy e Simone Veil. Durante lo spettacolo, lungo la Senna, statue dorate che rappresentavano queste importanti donne, venivano sbloccate a una a una, sorgendo dal basso su piedistalli. Un posto dove avrebbero già dovuto trovarsi da tempo. Donne che hanno fatto la storia delle donne e del proprio Paese (e non solo. Veil è stata la prima presidente dell’Europarlamento, eletto a suffragio universale nel 1979). Professioniste e pioniere che, finalmente, ottengono il posto che hanno sempre meritato. Proprio quei piedistalli.

ATLETE CON STORIE DA RECORD

Ciò che finalmente si sta sottolineando, e queste Olimpiadi ne sono anche un po’ la prova, è la storia dietro le atlete, che le rende ancora più degne di nota a prescindere dalla vittoria. Come Zhiying Zeng. “Tania”, come viene chiamata in Cile, il Paese che rappresenta nonostante la sua origine cinese, è riuscita a qualificarsi a Parigi all’età di 58 anni nella disciplina del tennistavolo, sport di cui è allenatrice. Un’atleta ritiratasi nel 1989 e che ha ripreso l’attività agonistica durante la pandemia acquistando un tavolo da ping pong, recuperando la sua passione.
Jessica Fox, invece, è una canoista specializzata nello slalom. Nata a Marsiglia, è cresciuta in Australia e ha conquistato alle Olimpiadi (questa di Parigi è la sua quarta edizione dove ha ottenuto l’oro) oro, argento e bronzo. I suoi genitori si trasferirono in Australia per lanciare una raccolta fondi per garantire un futuro allo sport della canoa che, nel 1998, rischiava di essere eliminato dal Comitato olimpico australiano. Questa famiglia, formata dalla madre Myriam Fox-Jerusalmi bronzo francese ad Atlanta 1996 nel K1, e dal padre Richard Fox atleta olimpico britannico e vice della Federazione internazionale di canoa, riuscì a salvare quello sport. Una famiglia emblema della canoa.
La schermitrice Nathalie Moellhausen, atleta italo-brasiliana, è salita in pedana per gareggiare dopo essere stata dimessa dall’ospedale pochissimi giorni prima delle Olimpiadi. Ospedale dove era stata ricoverata d’urgenza per un tumore benigno al coccige. Moellhausen, durante la sua gara ha avuto sì un malore, ma è riuscita a riprendere l’assalto nonostante la sconfitta successiva. A giorni, il tumore le verrà rimosso.

OLIMPIADI E ATLETE CONTRO STEREOTIPI E SESSISMO

In queste Olimpiadi, non mancano le atlete che combattono contro gli stereotipi e il sessismo. Diana Taurasi, cestista statunitense con 5 ori olimpici alle spalle, in piena conferenza stampa ha risposto, con l’ironia che la contraddistingue, ai giornalisti che le chiedevano di un suo possibile ritiro data la sua età, quanto fosse irrispettoso continuare a puntare il dito contro l’anagrafica senza pensare al valore aggiunto che invece si possiede.
Christian Marie, della ong per i diritti delle donne “Begum”, ha chiesto, dalle pagine di Libération, che il Cio consenta all’emittente dell’organizzazione, Begum TV, di trasmettere tutte le gare sul territorio di Kabul, anche quelle femminili, aggirando le regole della tv locale che ha ottenuto l’esclusiva e che ritiene “scandalose e immorali” le divise delle atlete. I Giochi di Parigi sono l’occasione di insegnamento, di abbattimento degli stereotipi e, soprattutto, del sessismo. Come l’emittente Eurosport che ha licenziato immediatamente il commentatore sportivo inglese, Bob Ballard, per le frasi sessiste verso le nuotatrici australiane che hanno conquistato l’oro nella staffetta 4×100 stile libero: «Stanno terminando, sapete come sono le donne, se ne stanno in giro a truccarsi». Un commento che ha lasciato indignata anche la co-conduttrice, Lizzie Simmonds, campionessa britannica di nuoto. Lei stessa, in diretta, ha definito la frase «oltraggiosa». Un problema di genere è stato sollevato anche da Yiannis Exarchos, CEO dell’Olympic Broadcasting Services (OBS) l’emittente ufficiale delle Olimpiadi, che ha denunciato come alcuni operatori di ripresa, insieme ai montatori televisivi, tendano a mostrare non solo più primi piani di atlete donne, rispetto agli atleti uomini, ma anche a trattenersi con le telecamere su alcune parti del corpo. Una questione che tocca soprattutto il mondo delle ginnaste. A novembre, la Federazione svizzera di ginnastica artistica ha introdotto delle regole molto restrittive sul modo in cui le atlete dovranno essere riprese per evitare di oggettivare il loro corpo o implicare riferimenti sessuali. Anche l’Obs ha introdotto altrettante regole che, però, ancora non vengono rispettate.

MEDAGLIE STORICHE E AMAREZZE AZZURRE

Infine, le nostre atlete. Lo storico oro di Alberta Santuccio, Rossella Fiamingo, Giulia Rizzi e Mara Navarria nella spada, lo storico argento di Alice D’Amato, Manila Esposito, Angela Andreoli, Giorgia Villa e Elisa Iorio nella ginnastica ritmica, hanno dato quel respiro al movimento femminile che mancava. Traguardi arrivati dopo una serie di sconfitte, in cui le azzurre hanno davvero dato anima e corpo. Nonostante le sconfitte, infatti, è bene sempre ricordare come l’Italia possa annoverare campionesse del mondo del calibro di Odette Giuffrida. L’eliminazione, per tre shido (le sanzioni nel judo), durante la semifinale per l’accesso all’oro della judoka ha destato molto scalpore in merito alle scelte arbitrali. Scelte che si sono ripetute nello stesso identico modo, anche con la stessa presenza arbitrale della gara precedente, nella finale per il bronzo. L’atteggiamento di Giuffrida ha mostrato, ancora una volta, la sua superiorità. In merito alle discutibili decisioni arbitrali, va segnalata anche l’eliminazione ai quarti di finale della fiorettista Arianna Errigo, la nostra portabandiera. Un’amarezza diversa, invece, è quella provata da Benedetta Pilato. La giovanissima nuotatrice è sì arrivata ai piedi del podio, al quarto posto per un solo centesimo, ma col sorriso dichiarando quanto comunque quella finale dei 100m rana fosse il giorno più bello della sua vita. Infine, un altro podio mancato, sempre in quarta posizione, riguarda i tuffi. Elena Bertocchi e Chiara Pellacani sfiorano di 9 punti il bronzo nel trampolino dai 3m sincro. E Irma Testa, eliminata al primo turno dopo un altro dubbio verdetto arbitrale. Amarezza, ma anche tanta consapevolezza di potersi migliorare. Come lo sport, quello vero, insegna.Infine, le nostre atlete. Anche se non abbiamo ancora raggiunto una medaglia, le azzurre stanno dando davvero anima e corpo in questa Olimpiade. Nonostante le sconfitte, è bene sempre ricordare come l’Italia possa annoverare campionesse del mondo del calibro di Odette Giuffrida. L’eliminazione, per tre shido (le sanzioni nel judo), durante la semifinale per l’accesso all’oro della judoka ha destato molto scalpore in merito alle scelte arbitrali. Scelte che si sono ripetute nello stesso identico modo, anche con la stessa presenza arbitrale della gara precedente, nella finale per il bronzo. L’atteggiamento di Giuffrida ha mostrato, ancora una volta, la sua superiorità. In merito alle discutibili decisioni arbitrali, va segnalata anche l’eliminazione ai quarti di finale della fiorettista Arianna Errigo, la nostra portabandiera. Un’amarezza diversa, invece, è quella provata da Benedetta Pilato. La giovanissima nuotatrice è sì arrivata ai piedi del podio, al quarto posto per un solo centesimo, ma col sorriso dichiarando quanto comunque quella finale dei 100m rana fosse il giorno più bello della sua vita. Infine, un altro podio mancato, sempre in quarta posizione, riguarda i tuffi. Elena Bertocchi e Chiara Pellacani sfiorano di 9 punti il bronzo nel trampolino dai 3m sincro. Amarezza, ma anche tanta consapevolezza di potersi migliorare. Come lo sport, quello vero, insegna.

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