In Senato Garambois parla di prostituzione online e lancia l'allarme sullo sfruttamento delle minori | Giulia
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In Senato Garambois parla di prostituzione online e lancia l'allarme sullo sfruttamento delle minori

Si è svolta alla Commissione del Senato sul fenomeno della prostituzione online l'audizione di GiULiA con l'ex presidente Garambois che ha sottolineato i nuovi rischi connessi allo sfruttamento delle minori. Di seguito la trascrizione e il video

In Senato Garambois parla di prostituzione online e lancia l'allarme sullo sfruttamento delle minori
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Silvia Garambois Modifica articolo

21 Novembre 2024 - 10.36


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QUI IL LINK AL VIDEO DELL’AUDIZIONE

Io qui rappresento l’associazione GiULiA Giornaliste, di cui sono una dirigente: associazione di giornaliste che si occupa, dal 2011, di analizzare come i media affrontano le questioni legate alle donne, nel linguaggio, nelle presenze come protagoniste dell’informazione, ma anche nei temi di maggiore attualità e rilevanza sociale: in quest’ultimo è ricompresa la nostra attenzione a come i media trattano i temi legati alla prostituzione e alla prostituzione on line.

Due premesse necessarie.
La prima. Solo nelle ultime settimane due femminicidi hanno riguardato donne contattate attraverso siti di incontri, Maria Campai uccisa a Viadana, in provincia di Mantova e Flavia Mello a Casciana Terme, in provincia di Pisa.
Nelle regole che come giornaliste e giornalisti ci siamo dati attraverso il “manifesto di Venezia” – varato dai nostri Enti di categoria – c’è quella di non considerare la violenza contro le donne di “serie A” e di “serie B”, concetto ribadito anche nella nostra Carta dei Doveri dell’Ordine dei giornalisti all’art.5 bis, dove si indica di “non alimentare la spettacolarizzazione della violenza” e di “non usare espressioni, termini e immagini che sminuiscano la gravità del fatto commesso”. Regole generalmente rispettate dai nostri media nell’affrontare i casi di Mantova e di Pisa, partendo dal presupposto che, anche considerato che le due donne si prostituissero, non siamo certo di fronte a due donne che “se la sono cercata” ma di fronte a due violenti assassini.
Su questi casi c’è qualche altra parola da spendere. La prima riguarda la “scomparsa” delle due donne e la denuncia dei familiari per attivare le ricerche: nel primo caso, infatti, è stato proprio l’attivismo della sorella che ha portato alla soluzione del caso, mentre nel secondo è stata probabilmente l’analisi del computer – elemento molto importante – a permettere di scoprire il presunto assassino.
L’altra questione invece riguarda il fatto che in alcuni servizi di cronaca collegati a questi episodi è stato denunciato come siano frequenti gli atti di violenza nei confronti di donne contattate nei cosiddetti “siti di incontri” del web, ma che proprio per la natura di questi rapporti con la prostituzione delle donne (ma non solo), non vengano denunciati. È un elemento anche questo non nuovo e senz’altro precedente alla “prostituzione informatica”, ma oggettivamente un problema per il diritto delle donne – tutte le donne – alla propria integrità fisica. Le denunce in questi casi andrebbero probabilmente incentivate, anche al fine di evitare violenze crescenti, e per frenare l’abuso del corpo delle donne.

La seconda, importante, premessa. Attenzione particolare rivolgiamo, come giornaliste e giornalisti, all’abuso dei minori. Il nostro Ordine ha già sanzionato e ripreso più volte i media che scrivono di “baby prostituzione”, considerando che ogni azione di questo tipo configuri non solo un atto di pedofilia, ma che sempre e comunque si tratti di violenza su una minore (o su un minore), e quindi di particolare gravità. A far testo, per noi, oltre alla già citata Carta dei Doveri, c’è la Carta di Treviso (protocollo firmato dalla Federazione della Stampa, dall’Ordine dei Giornalisti e da Telefono Azzurro), che garantisce non solo l’anonimato dei minori, ma anche di ogni elemento potenzialmente lesivo della sua dignità.
Solo recentemente è venuto alle cronache un inquietante episodio a Cesena, dove attraverso una chat di whatsapp venivano fatte prostituire bambine in cambio di regalini e adolescenti in cambio di dosi di cocaina. Storia venuta alla luce in seguito allo stupro di una bambina che era fuggita.
Non è stato il primo caso: recente a Bari quello relativo a 6 persone accusate di aver «indotto favorito, sfruttato, gestito e organizzato la prostituzione di tre ragazze minori, traendo un ingente guadagno dalla prestazioni sessuali offerte, a pagamento, ad una pluralità di clienti». Era stata una mamma, insospettita dalla disponibilità economica della minore, a permettere di avviare in questo caso le indagini.
“Usare i termini corretti è alla base del nostro lavoro – ha sostenuto l’Ordine dei giornalisti di fronte all’uso di “baby squillo” e simili -. Scambiare le vittime con i colpevoli dà luogo ad una informazione falsa e fuorviante”.
Ma è fondamentale la denuncia dei media anche come allarme per le scuole e le famiglie, per la tutela dei minori.

Partendo dall’analisi del nostro lavoro di croniste e cronisti, e dall’evidenza che le piattaforme telematiche – dalle più semplici, come una chat su whatsapp, alla più elaborate come i siti del deep web (di cui bisogna conoscere l’indirizzo per accedere) – sono tramite per gli incontri “moderni” della prostituzione, non si modifica però il problema culturale che è alla base del fenomeno, una cultura della sopraffazione anche fisica sulla donna – così difficile da estirpare – che diventa esponenziale nel sesso a pagamento.
Abbiamo testimoniato sui nostri media quarant’anni fa la nascita del movimento delle “Lucciole” (il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute), abbiamo seguito e intervistato le donne vittime della Tratta e la loro terribile sofferenza, così come seguiamo le più recenti discussioni all’interno del mondo femminista sulle “sex workers”, per questo ci sentiamo di affermare che è la richiesta – non l’offerta – il vero problema.
Anche quando si parla di prostituzione, si dovrebbe innanzitutto parlare di uomini.

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