Le segnalazioni erano arrivate da molte parti. Quell’articolo, quelle foto, pubblicate da una testata territoriale – Parmapress24 – suonavano come offesa alle donne e non solo alle donne. Una sopravvissuta messa sotto giudizio da un giornale, le sue immagini che mostravano la violenza subita sbattute sul web.
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia Romagna, in un durissimo comunicato, denuncia la gogna mediatica, scrivono che “La libertà e il diritto di cronaca così come la presunzione di innocenza di un imputato non possono costituire un alibi o un lasciapassare per ferire e umiliare ancora una volta le donne che denunciano violenza esponendo l’immagine dei loro corpi e le ferite causate dalla violenza”. Segue un lunghissimo elenco di firme.
GiULiA giornaliste, insieme alle CPO della Fnsi e dell’Usigrai ha fatto un esposto all’Ordine dell’Emilia Romagna contro la giornalista Francesca Devincenzi, che non solo firma l’articolo ma è anche la direttrice responsabile della testata.
Il testo dell’esposto
“La giornalista Francesca Devincenzi ha pubblicato, sul sito Parmapress24, l’articolo ‘Processo Pesci – Le foto della vittima dopo la presunta violenza e i messaggi con l’imprenditore’, gravemente lesivo della giovane donna che ha subito uno stupro, allegando immagini intime ricavate da una perizia. Il suddetto articolo contiene giudizi pesanti: la giornalista si interroga sulla deontologia e sulla opportunità di pubblicare gli scatti, ma senza farsi troppi problemi li mostra e si addentra in giudizi sulla ragazza e sulla necessità di dare spazio a quello che definisce “mostro sbattuto in prima pagina”. Nel nome di una presunta parità di versioni dell’episodio, la Devincenzi si erge a giudice ed elenca, integralmente, i contenuti di una perizia depositata alla Procura di Parma, da cui, senza ragione, è uscita per una divulgazione fuori da ogni regola. Con un tono insinuante e domande provocatorie, la giornalista sottopone ad un processo chi è vittima e, di fatto, parteggia per l’assoluzione dell’imputato.
Le Commissioni Pari Opportunità di Fnsi e Usigrai e l’associazione Giulia Giornaliste che hanno tra le finalità anche di vigilare perché l’informazione dia una corretta rappresentazione dell’immagine femminile, improntata al rispetto della dignità delle donne, chiedono a codesto Consiglio regionale che si apra un procedimento disciplinare nei confronti di Francesca Devincenzi, del direttore responsabile e di quanti altri, nella gerarchia redazionale, hanno avuto un ruolo nella pubblicazione di un articolo e di immagini che violano le regole contenute nel testo unico, in quanto a dignità della persona, e si configura come ennesima mancata applicazione dei principi enunciati nel Manifesto di Venezia”.
Il deferimento al Consiglio di disciplina
Lo stesso Consiglio regionale Ordine dell’Emilia Romagna, all’unanimità, ha per altro già deferito Devincenzi al Consiglio territoriale di disciplina (al quale spetta la competenza in materia sanzionatoria), e ha avviato la procedura a cui si aggiunge la lettera delle Cpo sindacali e di GiULiA.
La collega Emilia Vitulano (Referente dell’Osservatorio regionale sulla professione del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna), ha scritto una nota sul sito dell’Ordine regionale:
“La violenza sulle donne è, purtroppo, uno dei casi in cui il giornalismo dà spesso il peggio di sé. Indugiando troppo su particolari che vanno ben oltre l’essenzialità dell’informazione, per esempio, come avvenne per lo stupro sulla spiaggia di Rimini dove fu pubblicato minuto dopo minuto quanto vissuto dalla ragazza polacca in una vera e propria telecronaca dell’orrore. O diffondendo assolute fake news per mettere in dubbio le dichiarazioni delle donne, come nel caso delle due studentesse americane violentate a Firenze da due carabinieri.
Qualche giorno fa l’ennesimo capitolo è stato scritto sulle pagine virtuali della testata Parma Press 24 nell’articolo Processo Pesci – le foto della vittima dopo la presunta violenza e i messaggi con l’imprenditore. Nell’articolo vengono riportate le foto dei segni lasciati dalla presunta violenza (il processo è in corso) sul corpo della ragazza. Certo, non è identificabile. Certo, non c’è il nome della donna. Ma poco conta. Perché proprio la donna sa che quelle foto diffuse sul web sono le sue. E perché il Codice deontologico dei giornalisti dice chiaramente che “salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine”.
E anche il resto dell’articolo più che fare cronaca sembra già una sentenza anticipata, perfino in quelli che possono sembrare dettagli come scrivere tra virgolette “vittima” e “violenza”. Un conto è parlare di presunta vittima e presunta violenza, essendo il processo ancora in corso. Un conto è usare le virgolette, come se si stesse parlando di pseudo-fatti. No, non sono dettagli”.