Confronto a quattro, con due docenti universitarie, Stefania Cavagnoli (linguista, docente di linguistica applicata e glottodidattica all’Università di Roma2) e Barbara Lucini (sociologa, docente all’Università Cattolica di Milano e coordinatrice del progetto Idra – Itstime Disaster Resilience Action), e due giornaliste di GiULiA (Silvia Brena, che è anche docente universitaria e cofondatrice di VoxDiritti, e Marina Cosi a sua volta cofondatrice di Giulia e attuale vicepresidente).
Concordi sul fatto che per cambiare gli stereotipi vanno sì cambiati linguaggio e contenuti del racconto, ma prima ancora serve la consapevolezza dei nostri automatismi.
Automatismi che colpiscono con contenuti discriminatori soprattutto le donne. Un lavoro che nel giornalismo è stato affrontato con le “carte” deontologiche, con buoni risultati sulla maggiore correttezza delle cronache. Parallelamente però sono aumentati e sono difficilmente contenibili gli attacchi e le deformazioni provenienti dai “social”. In particolare attraverso il meccanismo delle echo chambers ovvero quelle “bolle” autoreferenziali in cui le idee si polarizzano e radicalizzano. Da dove, contro le giornaliste, sono partiti molti casi di body shaming.
Come costruire “contronarrazioni” efficaci con contenuti davvero inclusivi.