C’è una tentazione ricorrente di annullare, normalizzare, la terribile e cronicizzata realtà del femminicidio. Anziché cercare insieme tutte le strade possibili per vincere un fenomeno criminale che nasce da una distorta cultura patriarcale e sessista, si affacciano sui giornali a scadenza regolare rigurgiti di negazionismo. Brucia che questa volta sia il Sole24 ore a sdoganare un inesistente neologismo, il “maschicidio”.
I numeri del Viminale ci dicono che non esiste una “par condicio”. Certo: gli uomini ammazzano di più; certo: ci sono più uomini che donne uccisi dalla violenza. Ma non in ambito familiare, non nelle relazioni sentimentali, dove solo da una decina d’anni (le leggi ne parlano dal 2013, i giornali da un anno prima) è stato dato un nome a un fenomeno che mina alle basi la convivenza democratica: il femminicidio, la libertà primaria delle donne alla vita.
L’associazione GiULiA giornaliste, impegnata per contrastare un linguaggio dei media che non rispetta le donne, soprattutto in casi di violenza, denuncia come articoli come quello a firma di Giulio Peroni sul Sole24ore, rischiano di vanificare il lavoro di tante e di tanti per liberare questo Paese da una cultura della violenza contro le donne che si nasconde dietro le mura domestiche.
La reazione della redazione del Sole24Ore
Le colleghe e i colleghi del Sole24Ore – che recentemente hanno dovuto affrontare anche il “caso Genovese” – hanno ottenuto una rettifica all’articolo su “Il maschicidio in Italia e i suoi numeri” di Giulio Peroni, con l’aggiornamento dei dati del Viminale e con la dichiarazione che “i due fenomeni non sono confrontabili. Non solo, è stato anche realizzato un articolo con le reazioni.
La dichiarazione di Di.Re
Nel giorno in cui Chiara Gualzetti, una ragazza di 16 anni, viene trovata uccisa a coltellate e un ragazzo confessa di essere l’autore del crimine, l’ennesimo femminicidio dall’inizio dell’anno, il Sole 24 ore pubblica un articolo firmato da Giulio Peroni riferendosi a dati sugli uomini uccisi dalle donne forzando una simmetria tra violenza maschile e femminile nelle relazioni di intimità che non esiste.
I dati ISTAT e quelli del Viminale dicono ben altro.
Una verifica sarebbe stata doverosa rispetto alla fonte usata dal giornalista: una vecchia pubblicazione che mistifica i numeri della violenza nelle relazioni di intimità attingendo a dati complessivi sugli uomini uccisi senza menzionare il sesso dell’assassino, la relazione con la vittima e soprattutto il movente.
Una tesi priva di qualunque fondamento che offende le donne colpite dalla violenza maschile perché si traduce in negazionismo sulla mattanza che le colpisce. L’articolista si spinge a parlare di ‘maschicidio’ favoleggiando di una società che vedrebbe gli uomini storicamente dominati, violati, molestati sessualmente, privati della libertà, controllati e uccisi da donne.
Si tratta di gravissima manipolazione della realtà finalizzata a cancellare il fenomeno del femminicidio. Da quando il movimento delle donne e i centri antiviolenza hanno svelato il fenomeno della violenza maschile contro le donne, ci sono tentativi continui di cancellarne l’entità, manipolando numeri o asserendo che le denunce non sono mai vere.
“Articoli del genere nuocciono a tutti/e, e sono gravissimi su una testata come il Sole 24 che con Alley Oop dedica da tempo grande attenzione al fenomeno della violenza contro le donne ed è partner con D.i.Re e altri del progetto europeo ‘Never Again’ sulla prevenzione della vittimizzazione secondaria”, dichiara Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.
I dati del femminicidio
• Nel 2019, dei 315 omicidi commessi, il 47,5% avviene in ambito familiare o in quello delle relazioni affettive extra-familiari, valore che risulta in costante aumento negli anni (+13,3% rispetto al 2018, +34,9% sul 2017 e +126,5% rispetto al 2002, anno di inizio della serie storica dei dati), anche a causa dell’incremento dei casi in cui è stato identificato l’autore e al calo di quelli attribuibili ad autori sconosciuti alla vittima.
• Le differenze di genere sono comunque forti: gli omicidi in ambito familiare o affettivo nel 2019 sono il 27,9% del totale degli omicidi di uomini e l’83,8% di quelli che hanno come vittime le donne; quindici anni fa gli stessi valori erano pari rispettivamente a 12,0% e 59,1%.
• Le donne sono uccise soprattutto dal partner o ex partner (61,3%). Fra i partner, nel 70,0% dei casi l’assassino è il marito, mentre tra gli ex prevalgono gli ex conviventi e gli ex fidanzati.
• Agli omicidi dei partner si sommano quelli da parte di altri familiari (il 22,5%, pari a 25 donne) e di altri conoscenti (4,5%; 5 vittime). Questi valori sono complessivamente stabili negli anni.
• Nel 2018 le persone rinviate a giudizio per almeno un delitto di omicidio volontario presso le procure “Adulti” sono state 676.
• Non tutti gli omicidi sono uguali: quelli che assumono una particolare rilevanza sociale in contesti “violenti”, per esempio in ambito familiare, riguardano 271 imputati (il 40,1% degli imputati per omicidio volontario). Questi imputati sono uomini nel 93,4% dei casi e donne nel 6,6%.
• Focalizzando l’attenzione sui condannati per omicidi in ambito relazionale violento, si nota il maggiore peso della componente maschile, che è pari quasi alla totalità dei condannati (98,3%) contro l’1,7% delle donne, e della componente italiana (l’84,8% è di provenienza italiana mentre il 15,2% è straniero).