Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 27 marzo al 1° aprile 2023) | Giulia
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Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 27 marzo al 1° aprile 2023)

Una settimana di notizie sui media: come e quanto si parla di donne? GiULiA prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere

Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dal 27 marzo al 1° aprile 2023)
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Barbara Consarino Modifica articolo

2 Aprile 2023 - 20.12


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Settimana dal 27 marzo al 1° aprile
Firme in prima pagina: 825 uomini, 265 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 143
 uomini e 30 donne
Interviste:  228 uomini e 58 donne

Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, La Verità, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport

Due parole sulle firme femminili che rispetto al solito sono un poco aumentate: almeno nella prima parte della settimana (il 27, il 28 e il 30 marzo), abbiamo visto la parità uomo donna rispettivamente sulla Stampa, sulla Repubblica e su Avvenire. Con le stesse modalità abbiamo registrato un lieve incremento anche nei commenti ed era inevitabile visto che l’argomento principe di questa settimana sono state le famiglie nelle loro varie declinazioni e, soprattutto, i bambini. Per quel che riguarda le interviste, invece, i giornali sono sempre molto carenti nei confronti delle voci femminili.

La politica è donna?

Lo scorso mese avevamo raccontato dei nuovi assetti al femminile, con una presidente del Consiglio cui si contrappone una segretaria del maggior partito di opposizione. Dualismo interessante e inedito per noi, tanto più che nelle ultime settimane il panorama politico si è arricchito di nuove protagoniste. Pensiamo al riassetto interno di Forza Italia, protagoniste, secondo i più importanti quotidiani, Marina Berlusconi e Marta Fascina, rispettivamente figlia e compagna di Silvio Berlusconi. E’ bastato questo a far imbastire ai giornali alcune pagine a specchio, sull’esistenza di un partito al femminile trasversale ai vari schieramenti. Ci pensa Flavia Perina a ridimensionare la svolta di Arcore, che non è, contro le apparenze, uno scontro fra dame: «Si dice che in politica non esistano uomini per tutte le stagioni, ma almeno una eccezione alla regola c’è– scrive Perina sulla Stampa di martedì 28 marzo – ed è Silvio Berlusconi che ancora una volta con un gioco di prestigio ha adattato se stesso alle necessità del momento trasformandosi da controcantista del governo a governista doc. Lo ha fatto nel solito modo, liquidando il cerchio magico a cui aveva affidato la missione precedente… le dame con accesso illimitato in Villa sono solo il mezzo con cui il Cavaliere ribalta la vecchia regola della politica e la sostituisce con una diversa. Non esistono donne per tutte le stagioni, ma uomini sì e in Italia quell’uomo è lui». 

Mamme e non

«C’è un solo modello di maternità da difendere, quello della famiglia naturale, nativa, borghese». La filosofa Giorgia Serughetti sintetizza, su Domani del 27 marzo, il tema della maternità vista da destra, filo conduttore di una settimana di polemiche sui figli delle coppie gay. Le altre mamme sono cattive o nel migliore dei casi sconsiderate, come le migranti che affrontano il mare con i loro piccoli o le detenute alle quali si vorrebbe togliere la potestà genitoriale o altre categorie marginali. Definisce ancor meglio Donatella Stasio nel suo editoriale sulla Stampa dello stesso giorno: «Ammesso e non concesso che essere madre sia garanzia di umanità e di credibilità politica, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che quel titolo esibisce come fosse una medaglia, dovrebbe spiegarci dov’è finita la madre che c’è in lei nel dibattito politico parlamentare sui figli delle coppie gay, sui figli delle madri detenute e sui bambini morti con gli altri migranti nelle acque di Cutro».  

Sulle mamme cattive leggiamo su Avvenire del 28 marzo il commento di Mario Chiavario, sulla tendenza a peggiorare l’esistente, quando invece bisognerebbe rafforzare le case famiglia, avere personale adeguato per seguire le donne con figli che scontano una pena, senza lanciare solo slogan ossessivi e con tentazioni razziste, vedi le “borseggiatrici rom”. Chi conosce un po’ la realtà carceraria italiana, sa che le donne sono comunque una minoranza e poche le ergastolane. Secondo il rapporto 2023 dell’associazione Antigone sono 2.392 le donne recluse negli istituti penitenziari, una presenza del 4 per cento rispetto ai detenuti uomini; 1.400 sono anche madri e sono circa 4 mila i figli con la mamma in carcere. Perché rendere la loro vita ancora più difficile?

In questo clima molto spazio sui giornali (tutti) alla ministra Eugenia Roccella chi per elogiarla per la sua intransigenza, chi per attaccarla, chi, come Michela Marzano, per chiederle di tornare ad aprire il dialogo con i sindaci di centrosinistra delle grandi città che hanno deciso, comunque, di continuare a registrare all’anagrafe i figli delle coppie gay. Intanto giovedì l’Europarlamento ha approvato un emendamento presentato dal gruppo Renew Europe di condanna al Governo italiano: «Condanna le istruzioni impartite al comune di Milano di non registrare più i figli delle coppie, ritiene che questa decisione porterà inevitabilmente alla discriminazione non solo delle coppie dello stesso sesso ma anche e soprattutto dei loro figli; ritiene che tale azione costituisca una violazione diretta dei diritti dei minori, quali elencati nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 1989, esprime preoccupazione per il fatto che tale decisione si iscrive in un più ampio attacco contro la comunità Lgbtqi+ in Italia, invita il governo italiano a revocare immediatamente la sua decisione». Interviene sull’argomento (La Repubblica del 31 marzo) anche lo psicanalista e scrittore Massimo Recalcati. «Il ritornello è martellante: un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà, per crescere bene…Davvero la cura e l’amore dipendono dalla differenza anatomica dei genitori…mi chiedo sempre quando ascolto questo ritornello, quale film abbiano visto coloro che lo pronunciano. Se fosse possibile inviterei costoro a stare al mio fianco in una mia comune giornata di lavoro perché possano ascoltare gli innumerevoli disastri che molto frequentemente la mamma e il papà eterosessuali possono provocare sulle loro creature…Generare un figlio non significa di per sé essere una madre e un padre. Madre e padre si diventa attraverso un gesto infinitamente ripetuto di adozione simbolica della vita del figlio».

Il Paese reale è comunque molto più evoluto della classe politica che lo rappresenta. Il sondaggio di Antonio Noto pubblicato sulla Repubblica del 31 marzo è molto chiaro in questo senso: il 75 per cento degli italiani del campione interpellato è favorevole alla trascrizione all’anagrafe, in quanto la priorità è difendere i diritti dei bambini, si arriva anche all’83 per cento di favorevoli fra gli elettori di Forza Italia. La maternità surrogata, invece, divide a metà gli intervistati tutti, argomento molto controverso non solo da noi, ma pure in Spagna, dove l’attrice Ana Obregòn, ricorsa alla maternità surrogata a 68 anni, ha destato grande scandalo anche fra le fila di Podemos.  Solo un italiano su tre, invece, pensa che l’utero in affitto debba essere considerata un reato universale: ciò che colpisce, nel caso di questi diritti, è la trasversalità delle opinioni indipendentemente dallo schieramento politico.  Impressiona il livello di aggressività che tocca personaggi dall’eloquio sempre misurato come il ministro degli Esteri  Antonio Tajani che, parlando della surrogata, ha detto che «il corpo della donna non è un forno dove si sfornano patate». Ma nella confusione (voluta) tra ripudio della maternità per altri e diritti dei bambini già nati, spicca, in senso positivo, l’intervista al sindaco di Savona Marco Russo, pubblicata sulla Stampa di sabato. Russo è stato l’apripista delle trascrizioni nonostante lo stop. E lo ha fatto come battaglia di civiltà, iscrivendo all’anagrafe, il 28 marzo scorso, il figlio di due donne. Le mamme avevano preso contatto con lui prima che il bimbo nascesse per chiederne la disponibilità all’iscrizione all’anagrafe con entrambe le genitrici e lui ha detto sì e non se ne pente e non ha cercato vie traverse. Perché la vita vissuta è davvero un’altra cosa. 

I ritardi del Pnnr colpa delle quote rosa

Ma intanto, oltre che di figli, sui giornali si parla delle sorti del Pnrr, paginate e paginate. Non è compito di questa rassegna commentare quel che è uscito in questi giorni sui ritardi del Piano e sul codice degli appalti, per esempio.  Ci ha colpito, però,  per la sua involontaria comicità,  un servizio  sulla Verità che parla del ruolo perverso delle quote rosa. Le quote obbligate di donne e giovani finiscono per bloccare i cantieri, titola il quotidiano citando un altro giornale, Italia oggi, secondo il quale spesso gli imprenditori non assumono donne non per pregiudizio, ma per la mancanza strutturale di personale femminile nel loro settore. Si cita l’edilizia e anche le professioni legate alle materie Stem. Insomma, se molti imprenditori hanno preferito non partecipare ai bandi Pnrr che sono andati deserti, vista l’impossibilità oggettiva di soddisfare i vincoli imposti dall’Europa in tema di quote, scrive il quotidiano, è colpa delle donne: intanto però, sul nuovo codice degli appalti abbiamo cercato inutilmente qualche accenno alla scomparsa del bollino rosa che avrebbe dovuto certificare la correttezza aziendale in tema di parità di genere. Lo hanno tolto per evitare che le imprese si caricassero anche di questi problemi. Se non ci fosse da piangere…

Dal mondo

Elezioni in Finlandia, l’estrema destra dei Veri finlandesi contro Sanna Marin, la giovane premier che porta in dote il processo avviato per l’ingresso nella Nato, ora che è caduto il veto della Turchia. Ma il suo partito socialdemocratico è terzo nei sondaggi, malgrado la popolarità di Marin sia ancora altissima. A riprova di quanto il mondo sia cambiato anche nel civilissimo Nord Europa, viene rimproverata alla premier una eccessiva spesa pubblica per il welfare in un Paese che è comunque in recessione tecnica. Vedremo il voto, ma tutti i giornali, in particolare il Corriere, Domani e il Sole 24 ore, danno per scontata la non rielezione di Marin.

Iran

Non sono bastati mesi e mesi di battaglie, di scontri nelle piazze, di carcerazioni, di esecuzioni capitali condannate da tutto il mondo: il regime di Teheran non ha fatto nessun passo indietro e, dopo una serie di false aperture,  il velo per le donne resta obbligatorio, si legge in una nota ufficiale del ministero dell’Interno che viene riportata dal Giornale e da Avvenire. La repressione continua e vengono chiusi anche negozi e centri commerciali che per solidarietà nei confronti della protesta delle donne permettevano loro l’ingresso anche senza velo. Si tirano le somme anche sulle persone ferite agli occhi intenzionalmente con pellet e proiettili di gomma: sarebbero più di 580 ad aver perso uno o entrambi gli occhi durante gli scontri, ma il numero potrebbe essere anche molto più alto. Anche in Iran si parla sempre molto di famiglia e si ribadisce che velo e castità servono per rafforzarne le fondamenta.
Sul Manifesto un aggiornamento sulla situazione di un Paese, il Myanmar, ormai allo stremo sotto il regime militare. Manca tutto, le casse dello stato sono vuote. Però anche qui il regime non cede e nega la partecipazione alle elezioni della leader dell’opposizione Aung San Suu Kji e il voto viene continuamente rimandato.

Raffaella Chiodo Karpinsky nel suo commento su Avvenire ci porta la voce dei russi contro la guerra, un dissenso ampio e tanto coraggioso. C’è un canale Youtube Io non Taccio, in cui le  personalità di diversi settori si esprimono contro la guerra, con oltre 232 milioni di visualizzazioni. Ma il caso più conosciuto di questi giorni è il dissenso di Masha Moskalev, 13 anni. Il suo disegno con il no alla guerra è costato a suo padre 2 anni di colonia penale. Malgrado la repressione capillare, si alza la protesta di altri genitori contro la militarizzazione di scuole e asili.

Stragi domestiche

Prime pagine su quasi tutti i quotidiani per l’ex primario dell’ospedale dell’Aquila che, a un mese dal pensionamento, ha ucciso la moglie, il figlio disabile e un’altra figlia e poi si è tolto la vita. La storia di Carlo Vicentini, 70 anni, è raccontata dai giornali in lungo e in largo, la carriera, la dedizione ai pazienti e a quel figlio malato costretto in sedia a rotelle. Quasi nulla sulle tre vittime, Carla Pasqua, la moglie di 63 anni, i figli Massimo e Alessandra. Al netto dell’umana pietà per una storia che non conosciamo, va detto, però, che nei nostri giornali esistono ancora stragi e femminicidi di serie A e di serie B. A riprova una vicenda che si è consumata più o meno nelle stesse ore a Terni. Zenepe Uruci aveva 56 anni. È stata uccisa dal marito Xhafer Uruci, 62 anni e prima di morire è riuscita ad avvertire il figlio che ha dato l’allarme.  Ma ormai era troppo tardi. L’ omicida si è tolto la vita poche ore dopo l’ingresso nel carcere di Terni. Questa brutta storia, preceduta da una lunga odissea di violenze fisiche nei confronti della donna, ha avuto una eco solo nelle pagine locali e pochissimo  in nazionale.

La strage nella scuola di Nashville da parte di una persona trans Audrey Elisabeth Hale, che per definirsi usava il maschile, ha  sortito un curioso effetto da noi: da parte dei giornali di centrodestra sono partite accuse a tutti gli altri per aver fatto una questione di linguaggio parlando dell’autore del massacro…allora è vero che la scelta delle parole non è mai casuale!   

Giustizia

Della Corte di Cassazione si è sentito molto parlare in questi giorni, anche a sproposito. Lo facciamo anche noi citando una notizia scritta sul Messaggero dall’attenta cronista giudiziaria Valeria Di Corrado:  a un  infermiere, che ha allungato le mani su una paziente psichiatrica, sul lettino e con gli elettrodi sul corpo,  sono state concesse le attenuanti generiche perché ha chiesto scusa subito dopo alla vittima. La terza sezione della Cassazione, giudice estensore una donna, ha stabilito che le scuse hanno fatto sì che la libertà sessuale non sia stata compromessa. Alcuni difensori di imputati per fatti simili hanno fatto riferimento a questa sentenza per chiedere sconti di pena per i loro assistiti. Ed effettivamente in un caso, a un fisioterapista accusato di aver palpeggiato una donna mentre le praticava un massaggio, è stata riconosciuta l’attenuante della lieve entità della violenza sessuale, prevalente sull’aggravante del ruolo ricoperto dal sanitario quando lavorava, nel 2011, in un ospedale della Capitale.

Violenze sessuali sui bambini

A Milano e Piazza Armerina due brutte storie. L’insegnante di religione insidiava i bambini di una materna ed è stato incastrato dalle telecamere installate poche ore prima. Un ampio racconto su QN dove si racconta che l’irruzione nella scuola è stata effettuata da uno speciale nucleo della polizia locale milanese. Domani invece affronta una vicenda di abusi sessuali su minori di entrambi i sessi, con un parroco a processo a Enna in un clima assai avvelenato, con tentativi di intimidazione dei testimoni e insabbiamenti anche da parte delle gerarchie locali.  

Non solo lettrici  

 Al Premio Strega non ci sono mai state tante candidate come quest’anno, sono 8 su 12 e sebbene abbia rattristato la notizia della scomparsa di Ada D’Adamo una delle finaliste (il libro resterà comunque in gara), il traguardo raggiunto è stato sottolineato da quasi tutti i quotidiani. Favorite Rosella Postorino, già premio Campiello 2018, Romana Petri, Igiaba Scego, Silvia Ballestra. Il 6 luglio prossimo il verdetto.

Sport

Come sempre non ricaviamo grande soddisfazione dalla lettura dei due sportivi principali e pure dal web. Segnaliamo comunque due buone interviste della Gazzetta dello Sport alla nuotatrice Simona Quadarella e alla campionessa di golf Carolina Melgrati: in questi due servizi, oltre a soffermarsi sugli aspetti tecnici si dà conto anche delle passioni extrasportive delle due atlete, dando per una volta l’impressione che le si voglia raccontare anche come donne fuori dal contesto sportivo. Curioso anche il retroscena, sempre sulla Gazzetta, del divorzio tra Julius Nagelsmann e il Bayern, dove si fanno propri i pettegolezzi secondo i quali all’origine della fine del rapporto fra la società e il tecnico ci sia la fidanzata giornalista di lui, Lena Wurzemberger, accusata di divulgare sulla la Bild i segreti di spogliatoio. Che in ambiente maschilista come quello del calcio è proprio un tabù insormontabile. La mesta conclusione è che il tecnico è stato esonerato e lei ha dato le dimissioni dalla Bild e si è trovata un altro lavoro in un ufficio stampa.

Anche il nostro è un lavoro di squadra. Grazie quindi a Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Paola Rizzi e Maria Luisa Villa per le loro preziose segnalazioni. Buone feste!

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