Rassegna sui generis: la settimana di notizie sulle donne (dall'8 al 13 aprile 2024)

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere

© Miriam Künzli / Greenpeace
© Miriam Künzli / Greenpeace
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Barbara Consarino Modifica articolo

14 Aprile 2024 - 14.25


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Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, La Verità, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport

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Settimana dall’8 al 12 aprile 2024
Firme in prima pagina: 881 uomini, 303 donne
Editoriali e commenti in prima pagina: 160 uomini e 28 donne
Interviste:  230 uomini e 79 donne

Tanta e tanta politica sui giornali che scontano un già pesante clima elettorale soprattutto per quanto riguarda le vicende pugliesi e piemontesi. In primo piano, però, restano i diritti civili sui quali si giocano le battaglie più forti di questi anni, i temi etici e poi ancora purtroppo violenze e omicidi.

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Qualche buon segnale dai quotidiani: sul tremendo incidente alla centrale idroelettrica di Bargi hanno lavorato diverse giornaliste tra inviate e corrispondenti, mentre Giusi Fasano, all’indomani firma l’editoriale sul Corriere della sera; domande non usuali nell’intervista al tennista Daniil Medvedev sulla Stampa del 10 aprile. L’intervistatore gli chiede come si possa conciliare la paternità col girare il mondo per tornei, domanda solitamente rivolta alle mamme. E lui risponde ribaltando i soliti stereotipi: «La cosa più difficile da gestire sono le energie e il tempo. Prima magari con i bambini passavi il kids day del torneo, ma se avevi un’ora libera potevi buttarti sul divano. Ora invece hai una persona in più di cui occuparti. Mia moglie in questo mi aiuta tanto».

Andando avanti con le buone notizie troviamo la vittoria di 2.500 signore svizzere che si sono presentate alla Corte europea dei diritti dell’uomo con un ricorso contro la Svizzera che non avrebbe ben gestito il cambiamento climatico che tanti guai procura anche alle persone anziane e in particolare alle donne: le ricorrenti associate in Klimaseniorinnen, Anziane per la Protezione del clima, (nella foto © Miriam Künzli / Greenpeace) hanno ottenuto, dopo anni di battaglie, una sentenza storica e vincolante per gli Stati, responsabili del clima quale fattore di benessere (o malessere) dei cittadini. Levata di scudi dai giornali del centrodestra con titoli pittoreschi tipo quello della Verità Una sentenza verde rischia di farci neri” a supporto di un commento di Giorgio Gandola che definisce folle la sentenza della Cedu, domandandosi come possa un piccolo Paese come la Svizzera influenzare il riscaldamento globale, mentre la sentenza apre la strada a ricorsi e sanzioni contro ogni stato, scavalcando parlamenti e governi. E via poi con prese in giro del verdetto e delle nonne Grete degli anni ’50, descritte come arzille vecchiette e via enumerando luoghi comuni.  Intanto però le signore attiviste, alla faccia e di chi le prende in giro, hanno ottenuto il rimborso delle spese sostenute in questi anni per la loro battaglia e non hanno intenzione di fermarsi.

 Povere e sfregiate

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Ma veniamo alle nostre cose. Il Sole 24 ore fa il punto sull’assegno da 400 euro al mese attribuito per un anno alle vittime di maltrattamenti in condizione di povertà, riconosciuto finora a 2.772 beneficiarie. Per l’esattezza, le domande dell’aiuto presentate all’Inps da quando è stata istituita la misura, “reddito di libertà”, nel 2020, sono state oltre 6mila. Quelle accolte finora sono 2.772. La Regione con il maggior numero di beneficiarie è la Lombardia, con 469. Seguono la Campania (285), il Lazio (280), la Sicilia (239). Nella Provincia autonoma di Trento non risulta nessuna beneficiaria, ma in questo territorio esisteva già una misura analoga, l’Assegno di autodeterminazione, introdotto dalla legge provinciale 6 del 2010. Strettamente collegato è l’argomento della corsia preferenziale per le donne vittime di violenze domestiche in cerca di lavoro: una protezione statale sulla quale stavano discutendo i partiti che sembravano aver raggiunto una sintesi tra le varie proposte presentate in Parlamento. Purtroppo non è così e leggiamo su Repubblica del 9 aprile che tutto rischia di arenarsi nelle sabbie mobili a causa della richiesta di disabbinamento di una delle proposte, quella firmata da Maddalena Morgante di FdI che prevede l’inserimento lavorativo ma solo se vittime di violenza con deformazione o sfregio permanente del viso, riferimento a chi subisce attacchi con l’acido e tutela rivolta anche agli uomini. Deluse le parlamentari M5S e quelle del Pd che temono un accordicchio al ribasso distinguendo tra chi ha subito danni fisici e chi magari danni psichici importanti. Dietro ci sarebbe anche il timore della maggioranza di confrontarsi con l’esigenza di stanziare risorse economiche di un certo peso perché alcune delle proposte suggeriscono pure sgravi contributivi, percorsi di formazione professionale e via dicendo. Tutta roba costosa.

E così, mentre pian piano si smontano le buone intenzioni, partono invece iniziative di segno molto più chiaro. Il Consiglio dei ministri, infatti alla luce di una informativa del Ministro dell’interno Matteo Piantedosi, ha deliberato il ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che di fatto aveva dato il via libera alla dicitura “genitore 1 e genitore 2” sulle carte d’identità dei minori. I giudici della Corte di Appello di Roma lo scorso febbraio ordinarono al Viminale di “indicare sulla carta d’identità elettronica del minore” il termine “genitore” o una “dizione corrispondente alle risultanze dello stato civile, in corrispondenza dei nomi”. «Una decisione sbagliata» venne bollata dal vicepremier Salvini, secondo cui «ognuno deve sempre essere libero di fare quello che vuole con la propria vita sentimentale, ma certificare l’idea che le parole “mamma” e “papà” vengano cancellate per legge è assurdo e riprovevole. Questo non è progresso».

Con Dignitas infinita Papa Francesco torna a parlare di temi etici chiedendo a gran voce lo stop alla maternità surrogata a livello universale e al suicidio assistito. Per quanto riguarda gli omosessuali bisogna evitare ogni ingiusta discriminazione ma la teoria del gender è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali. Il documento di Bergoglio ricalca quelli già elaborati e sanciti da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Avvenire affronta Dignitas infinita con due editoriali. Quello di Riccardo Maccioni sottolinea come non abbia senso per i cristiani difendere la vita nascente e la vita morente ma poi relegare i migranti a questione penale. Mentre Laura Palazzani sottolinea come la dignità sia esente da limiti nel tempo e nello spazio: è in ognuno, da sempre per sempre e ovunque.

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 Ci sono anche i cristiani LGBT che criticano il testo sulla maternità surrogata. Andrea Rivera portavoce dell’Associazione italiana cristiani LGBT esprime apprezzamento nella parte del documento che si riferisce alla giustizia sociale ma sulla GPA afferma che «non distingue tra visioni etiche e sfruttamento, non sembra curarsi degli effetti sulle tante famiglie arcobaleno e sui loro figli che sarebbero considerati oggetti dai genitori che li hanno desiderati». Fabrizia Giuliani, femminista scrittrice, filosofa e politica, sulla Stampa affronta la questione della maternità surrogata ponendosi domande molto semplici. Come ignorare il giro d’affari che ruota intorno a questa pratica? E come si può pensare di disporre di altri esseri umani? Una donna e un neonato non possono essere diritti rivendicati. Piuttosto sarebbe ora di muoversi rapidamente per una riforma delle adozioni: «Per far cadere i divieti, questi sì discriminatori che impedisco a single e coppie omosessuali di adottare, mettendo al centro i bisogni dei bambini».

Famiglie ristrette

  Avvenire pubblica una ricerca sugli effetti dei cambiamenti demografici nel mondo. Nel pezzo di Massimo Calvi «Il calo delle nascite riduce i parenti . Un futuro senza fratelli e cugini ». La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Pnas evidenzia che, a causa dell’allungamento della vita e della fecondità globale che diminuisce, le famiglie saranno più “sottili”, ma con più generazioni rappresentate.  Una vera sfida per l’assistenza. In media una donna di 65 anni nel 1950  aveva 41 parenti, nel 2095 saranno 25. Chi curerà  chi? Insomma meno bambini, meno fratelli, meno cugini, una prospettiva di solitudine su scala globale. Ma potrebbe far nascere qualcosa di meglio, come una rivalutazione dell’amicizia. Su questo è d’accordo Valeria Braghieri che scrive sul Giornale: «se le cose continueranno così ci saranno sempre più figli unici in cerca di sorelle o fratelli d’elezione. Le famiglie nuove si creano anche così».

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Sull’argomento in settimana è tornata anche la premier Meloni con la ministra Roccella. Certo non si può imputare loro la responsabilità della continua decrescita, ma sicuramente gli slogan da soli non ripopolano le culle.

Non si fermano le violenze sulle donne

Su tutti i giornali il giallo di Aosta con la giovane francese trovata cadavere in una chiesetta diroccata  nei boschi della Valle con ferite al collo e all’addome: si indaga per omicidio volontario, fermato un giovane di 22 anni che era già ricercato e stava per essere processato per violenze domestiche proprio sulla vittima. Una brutta storia anche un po’ strumentalizzata da giornali di centrodestra: contestano agli altri quotidiani di aver omesso le origini egiziane del sospettato che però è nato in Italia. La cosa grave, piuttosto, è che anche in questo caso le comunicazioni non hanno funzionato. Il giovane, infatti, aveva il divieto di avvicinarsi alla ragazza, ma questo non gli ha impedito di varcare con lei la frontiera con l’Italia dalla Francia ed essere identificato senza conseguenze. Si era ipotizzato in principio un delitto d’impeto, ma il procuratore Luca Ceccanti non ha dubbi: si tratta di un femminicidio. Auriane Nathalie Laisne  è stata uccisa per volontà di annientamento.  Il giovane arrestato per l’omicidio, Teima Sohaib, padre egiziano e madre marocchina, è descritto da familiari e amici come un bravo ragazzo che mai aveva dato motivi di preoccupazione. Come al solito.

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 Ben altra sorte a Palma di Maiorca per quattro italiani bloccati in aeroporto con l’accusa di violenza di gruppo nei confronti di una ragazza brasiliana conosciuta in discoteca. Qui le comunicazioni hanno funzionato benissimo. Da quel poco che si sa, la presunta vittima sarebbe riuscita a fuggire, impossessandosi del passaporto di uno dei quattro. Salita su un taxi si è fatta portare in commissariato a denunciarli. Sempre da quel poco si intuisce una migliore organizzazione delle istituzioni spagnole in casi come questi dove chi denuncia viene immediatamente protetto. I quattro giovani negano la violenza e parlano di rapporti consenzienti.

Altra storia complicata al San Matteo di Pavia dove un docente e primario è accusato di molestie da un gruppo di studentesse specializzande e da una collega, l’unica, pare, ad aver firmato una denuncia formale. Niente nomi, ma una serie di particolari rendono molto semplice l’identificazione del medico. Indagine molto delicata, dietro la quale si intravedono rivalità fra colleghi e giochi di potere. Una inchiesta interna dell’Università pavese era finita con l’archiviazione.

Luca Varani l’ex avvocato pesarese condannato nel 2013 per aver fatto sfregiare con l’acido l’allora fidanzata Lucia Annibali ha ottenuto tre giorni di permesso premio. La donna, che ora vive a Roma, non ha voluto commentare.

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Per l’omicidio della ventenne Sofia Castelli uccisa con 8 coltellate l’ex fidanzato Zakaria Atqaoui è stato condannato a 24 anni di carcere. In aula scoppia la rabbia dei parenti della giovane: questa non è giustizia. Par di capire che all’uomo siano state applicate le attenuanti generiche.

Un po’ di tutto

Su Qn dell’8 aprile due pagine molto interessanti con richiamo in prima sono dedicate ad un nuovo preoccupante fenomeno denominato “Sephora kids”. La generazione Alpha, complici anche i social, fa sempre più ricorso (addirittura già a 8 anni) a prodotti di bellezza antinvecchiamento saccheggiando profumerie e gli armadietti delle mamme. Le giovanissime acquistano compulsivamente prodotti cosmetici, li usano e poi scambiano video sui social soprattutto Tik tok e Instagram. Il fenomeno è sollecitato dalle case produttrici che targhetizzano la pubblicità sui più giovani. Preoccupate le considerazioni della psicologa dello sviluppo e dell’educazione Emanuela Calandri: avanti così e cresceremo figlie fragili e infelici.

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Su Domani un commento di Mario Giro sul caso della statua della donna che allatta un bambino, scultura di Vera Omodeo, donata dalla sua famiglia alla città di Milano, contestata perché “non risponde a una sensibilità universale“.  L’ ipotesi di non collocarla in una piazza cittadina, presa dalla commissione comunale che si occupa di opere d’arte rappresenta secondo Giro una scelta da marziani, spaventati dalla sensibilità umana e ossessionati da paura ideologiche. La loro decisione è fondamentalmente contro le donne. E una Milano presentata così sembra una città completamente sradicata. Secondo altri giornali non sembra molto brillante neppure la proposta del sindaco Sala di collocare la statua nei giardini della clinica Mangiagalli, simbolo per eccellenza delle nascite.

 Commento di Giovanni Tizian sul “caso Bibbiano” dopo la sentenza di assoluzione dello psicoterapeuta Claudio Foti da parte della Cassazione. Tizian su Domani sottolinea come in quel processo si siano schierate per l’ accusa forze violente che difendono il dogma della famiglia naturale, cattolici oltranzisti che già in altri processi si erano schierati contro l’affido. Che spesso non è gestito bene (e qui si dovrebbe intervenire) ma che, a volte, rappresenta l’unica salvezza per molti bambini. Per la Verità l’assoluzione di Foti non significa che il caso sia chiuso…

Valentina Mira, scrittrice, bersagliata di insulti e minacce  via web per aver toccato nel suo romanzo Dalla stessa parte mi troverai (Sem), uno dei tabù della destra estrema, i fatti di Acca Larentia, libro selezionato per il Premio Strega 2024.

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Dal mondo

ll Parlamento europeo chiede al Consiglio dell’Ue di aggiungere alla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva e il diritto a un aborto sicuro e legale. In una risoluzione non vincolante approvata giovedì con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astensioni, i deputati hanno dichiarato la volontà di inserire il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, una richiesta già avanzata numerose volte. I deputati condannano il regresso sui diritti delle donne e tutti i tentativi di limitare o rimuovere gli ostacoli esistenti per la salute e i diritti sessuali e riproduttivi (SRHR) e la parità di genere a livello globale, anche negli Stati membri dell’Ue.
L’articolo 3 della Carta deve essere modificato per affermare che «ognuno ha il diritto all’autonomia decisionale sul proprio corpo, all’accesso libero, informato, completo e universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai relativi servizi sanitari senza discriminazioni, compreso l’accesso all’aborto sicuro e legale», chiede il Parlamento. Il testo esorta i paesi europei a depenalizzare completamente l’interruzione di maternità linea con le linee guida dell’Oms del 2022 e a rimuovere e combattere gli ostacoli all’aborto, invitando la Polonia e Malta ad abrogare le loro leggi e altre misure che lo vietano e lo limitano. I deputati condannano il fatto che, in alcuni Stati membri, l’aborto sia negato dai medici, e in alcuni casi da intere istituzioni mediche, sulla base di una clausola di “coscienza”, spesso in situazioni in cui un eventuale ritardo metterà in pericolo la vita o la salute della paziente. In particolare, il Parlamento sottolinea che in Italia l’accesso all’assistenza  sta subendo erosioni, e che un’ampia maggioranza di medici si dichiara obiettore di coscienza.
Su questo diritto si giocherà una parte importante delle elezioni presidenziali in Usa e non a caso anche Donald Trump sembra essere schierato dalla parte delle donne, dopo che l’Arizona ha dichiarato fuorilegge nello stato l’interruzione di gravidanza. Nessuno si vuole scottare nelle urne con un tema così sensibile e anche i repubblicani si sono divisi ancora una volta al loro interno.

La guerra infinita

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Su Avvenire dell’11 aprile intervista di Francesca Ghirardelli alla giornalista israeliana Amira Hass , corrispondente dai territori occupati del quotidiano liberal Haaretz, arrivata a Brescia per una serie di incontri pubblici. Vive da 30 anni tra i palestinesi e ha uno sguardo così schietto nei confronti di israeliani e palestinesi da attirare ostilità da entrambi. Costretta da Hamas ad andarsene da Gaza nel 2008, è stata imprigionata in Israele per avere soggiornato nella Striscia. Nessuna delle parti, dice, concepisce una soluzione diversa dalla guerra. Anche chi si opponeva a Netanyahu non ha mai dubitato della necessità di questa guerra che alla fine è una guerra contro i civili. È vale anche per Hamas. Da entrambe le parti, dice Amira Hass con ammirevole precisione, «c’è una adorazione per la modalità militare».  Dei palestinesi anti Hamas dice: «Nessuno si esprime per paura. Lo vedo in Cisgiordania dove chi è originario di Gaza viene zittito se osa muovere critiche. Così come in Israele è impossibile parlare di “contesto” dopo il 7 ottobre, cioè degli accordi di Oslo non rispettati». Il messaggio che i palestinesi hanno ricevuto da Israele negli anni è che sono individui marginali. Ora anche sopprimibili. La maggioranza degli israeliani vuole una vita normale, ma ora è chiaro che è impossibile mantenendo una realtà così anomala di occupazione e repressione.

Condanne 9 anni di reclusione per Lilia Chanysheva, collaboratrice di Alexei Navalny: guidava il gruppo dell’oppositore morto recentemente in carcere, nella città di Ufa, regione del Volga.
Arrestata durante una manifestazione di protesta era stata inizialmente condannata a 7 anni e mezzo, ma a marzo l’ufficio del procuratore ha chiesto di estendere la sua pena detentiva a 10 anni, sostenendo che la pena di primo grado era stata troppo clemente.

Condannata a morte, notizia su tutti i giornali, la donna d’affari vietnamita Truong My Lan, 67 anni, una delle donne più ricche del Paese. I nostri giornali l’hanno battezzata la Vanna Marchi vietnamita, ma in realtà l’imprenditrice immobiliare è di ben altro spessore se è riuscita in 11 anni, come dicono le accuse, a sfilare alla Saigon Commercial bank la bella cifra di 25 miliardi di euro, senza mai restituire neppure un soldo e agendo in maniera occulta manovrando pure le nomine del prestigioso istituto di credito. Altro che creme anticellulite: per capire, la cifra è pari al 3 per cento del pil nazionale e il governo ha pensato bene di dare una lezione esemplare all’imprenditrice.  

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Presentato il docufilm The dreamers realizzato dalla inviata di Avvenire Lucia Capuzzi con il regista Alessandro Galassi sulle scuole clandestine per studentesse aperte in Afghanistan grazie alla raccolta fondi della campagna “Avvenire per le donne afghane “ lanciata a febbraio 2023. Che si affianca al libro “Noi, afghane. Voci di donne che resistono ai talebani “, 40 storie di donne raccolte da giornalisti e giornaliste sul campo.

Addio a Trina Robbins, 84 anni, disegnatrice e sceneggiatrice di fumetti in un mondo, anche questo, dominato dagli uomini. Nel 1985 è stata la prima donna a disegnare Wonder Woman dopo quattro decenni di egemonia maschile.

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Lo Sport

Nel solito silenzio dei giornali dedicati, impegnati sul calcio e sul tennis, registriamo due belle storie su quotidiani generalisti. Su Libero si scrive di Caitlin Clark, 22 anni, giocatrice americana di basket. Viene dai campionati dei college e non è ancora professionista ma sta facendo impazzire l’ America, tanto che una partita universitaria di basket femminile con lei è stata la più vista degli ultimi 5 anni, più di qualsiasi altro incontro maschile. L’altra bella storia la scrive Giulia Zonca sulla Stampa di giovedì scorso e la racconta Elena Schiavo, 76 anni, che fu la capitana della Nazione di calcio femminile ai Mondiali del 1971: un’Italia retriva guardava con sospetto queste ragazze considerate libertine senza freni che pure in Messico riuscirono a mettere insieme anche 110 mila spettatori in una semifinale da brividi e con tante botte date e prese e adrenalina a fiumi. Poi il declino che Elena racconta così: «Lasciarci esistere significava mettere in discussione il ruolo della donna che allora era timorata, sottomessa…ci hanno rese dilettanti prima che potessimo dimostrare di saper muovere dei soldi». Conclude parlando delle calciatrici di oggi di oggi che hanno le madri tifosissime: nei Settanta era una cosa impensabile. «La mamma piuttosto ti faceva inseguire dal prete».

Per il resto si riconferma che il volley delle ragazze è seguitissimo dai giornali e pure dal web. Si cerca comunque di costruire a tavolino rivalità fra Paola Egonu e l’opposta Ekaterina Antropova. L’atleta russa è la più intervistata nella settimana, ma sull’argomento rivalità non si sbilancia e allora che male c’è a tirare un poco i titoli?

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Grazie per le loro segnalazioni alle colleghe Caterina Caparello, Gegia Celotti, Laura Fasano, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa

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