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O.R.A, un osservatorio per riflettere sugli errori dei media quando si parla di generi e disabilità

Pubblichiamo la prefazione della presidente di GiULiA giornaliste Serena Bersani al rapporto O.R.A, Osservatorio Regionale Antidiscriminazioni del Piemonte che analizza i media locali.

O.R.A, un osservatorio per riflettere sugli errori dei media quando si parla di generi e disabilità
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Serena Bersani Modifica articolo

4 Dicembre 2024 - 10.14


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Il linguaggio costruisce il mondo e il linguaggio è il principale strumento di lavoro di chi, per professione, racconta il mondo. Per questo i giornalisti e le giornaliste hanno il dovere di usare sempre le parole corrette, soprattutto quando si riferiscono a persone che non sono ancora state liberate da secoli di pregiudizi e visioni stereotipate. È il caso delle donne, delle persone con disabilità, delle persone lgbtqi+. È il caso di chi vede sommarsi un pregiudizio all’altro e viene rappresentato con un doppio o un triplo stigma.

Il lavoro di GiULiA Piemonte e di ORA ha il valore di accendere i riflettori su ciò che noi operanti nel mondo delle comunicazioni non notiamo. Per fretta, per sciatteria, per disattenzione, per noncuranza. E perché si sottovaluta il ruolo che i media svolgono nella costruzione del comune sentire, dello “spirito del tempo”, e quanto possano influenzare i pensieri e indirizzare i comportamenti in chiave più o meno etica.

L’Osservatorio diventa quindi uno strumento fondamentale per costringerci a riflettere sugli errori che ancora si registrano quando si parla di genere e di generi, quando si parla di persone con disabilità. Temi, questi della lotta alle disuguaglianze e all’abilismo in chiave intersezionale, a cui GiULiA Giornaliste presta particolare attenzione, perché sono il suo core business dalla fondazione nel 2011.

Parlare di donne nel discorso pubblico significa parlare soprattutto del corpo delle donne e quando si parla di donne con disabilità l’attenzione al corpo viene moltiplicata, così come quando si parla di orientamento sessuale e identità di genere. Analizzare come queste persone vengono rappresentate dai media ci aiuta a focalizzare l’attenzione sui pregiudizi che ancora ci accompagnano e a fare in modo di essere giornaliste e giornalisti più consapevoli, migliori.

Capire le differenze, nominare le differenze, significa raccontare le differenze. Il rischio è spesso, invece, quello contrario, di nascondere le differenze. Infatti, di questioni legate al genere talvolta si parla in maniera scorretta, mentre di questioni legate alla disabilità spesso non si parla proprio. L’assenza delle persone con disabilità dall’agenda setting dei media mainstream dovrebbe fare rumore quanto il racconto scorretto delle violenze di genere. Invece no. Sembra quasi che il plurimo stigma – per il genere e per la disabilità -produca un’assenza assordante dai mezzi d’informazione. Basti pensare quanto poco (o nulla) si parla delle violenze subite dalle donne con disabilità e dalle donne senza fissa dimora.

Analisi come questa di ORA, che tengono giustamente in considerazione anche il ruolo dei social sulla circuitazione delle notizie, mostrano quanto questi possano contaminare e modificare le informazioni e quanto queste si possano piegare, nell’interazione con gli utenti, in funzione dell’engagement che si vuole produrre. Una china pericolosa, a cui si deve prestare la dovuta attenzione, così come si dovrà capire fino a che punto l’introduzione dell’intelligenza artificiale potrà contribuire a codificare e radicare stereotipi e pregiudizi oppure, chissà, a sradicarli definitivamente. “Forse un sogno, una favola”.

Anche nella seconda edizione la ricerca di GiULiA Piemonte si concentra sulla dimensione regionale, perché le notizie di prossimità sono anche quelle che arrivano prima ai lettori e ai telespettatori e definiscono il racconto. Si badi bene, però, che quelle esaminate sono le caratteristiche del giornalismo locale, non territoriale, perché esiti sovrapponibili si riscontrano in ricerche analoghe, anche se meno strutturate, svolte dalle giornaliste di GiULiA in regioni diverse, come la Sardegna e l’Emilia-Romagna.

Questo ci fa capire che la soluzione sta nel collabORAre, nel mettersi insieme (associazioni come GiULiA, organismi di categoria, mondo accademico) per prendere coscienza degli errori, ma soprattutto per trovare soluzioni etiche e rispettose di tutte e di tutti ogni volta che ci accingiamo a raccontare la realtà. Soltanto la corretta rappresentazione delle persone, oltre che dei fatti, rende tale chi svolge il mestiere di giornalista.

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