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Quasi un'atleta su due ha subito violenza psicologica, il 4% violenza sessuale

Presentati dati della ricerca, vincitrice del bando Soroptimist, “Progetto S.I.M.O (Sport Inclusion Modern Output) sul gender gap nello Sport Italiano condotta da Antonella Bellutti

Quasi un'atleta su due ha subito violenza psicologica, il 4% violenza sessuale
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Elisa di Salvatore Modifica articolo

17 Ottobre 2025 - 13.30


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La profonda misoginia di Pierre de Coubertin che volle escludere le donne dalla prima Olimpiade del 1896 ad Atene è costantemente smentita dai brillantissimi risultati che le donne continuano a registrare in molteplici discipline come l’oro olimpico conquistato delle azzurre del volley a Parigi nel 2024 e la recente vittoria ai Mondiali in Thailandia che dopo 36 vittorie consecutive la rendono la nazionale femminile più vincente della storia. Si è finalmente raggiunta alle Olimpiadi di Parigi la parità numerica fra partecipanti uomini e donne, voluta dal CIO (Comitato Olimpico Internazionale) che è segnale di un traguardo a lungo inseguito dalle donne nei più dei cento anni di storia dello sport moderno, ma insieme emerge l’incongruenza con il dato che in Italia nei 111 anni del CONI mai una donna sia stata presidente o segretaria generale, che il 95,9% dei presidenti federali siano uomini e ancora uomini siano il 76,95 dei tecnici di squadre nazionali.

Una disparità di genere davvero sconfortante che emerge dalla ricerca, vincitrice del bando Soroptimist, Progetto S.I.M.O (Sport Inclusion Modern Output) sul gender gap nello sport italiano condotta da Antonella Bellutti, due volte oro olimpico nel ciclismo su pista ad Atlanta e Sydney e un delle esperte di sport nella banca dati 110esperte promossa da GiULiA, dall’Osservatorio di Pavia e da Fondazione Bracco. Ne viene rimbalzata una fotografia in un’ottica di genere che rivela la complessità del fenomeno sportivo per le donne dove il soffitto di cristallo persiste ancora.

Esemplare appare l’ultimo evento olimpico con 40 medaglie azzurre conquistate, 12 d’oro di cui 7 vinte dalle donne ma la delegazione italiana, a parte gli atlete e le atlete, formata da 449 persone registrava la presenza di solo 71 donne, meno di 1/6!

La ricerca condotta sul campo con interviste e testimonianze dirette ad un campione di 506 atlete in attività e 370 ex atlete si è assunta la responsabilità di tradurre in dati le sofferenze, le angosce e le difficoltà che hanno punteggiato i loro percorsi e carriere.

I dati raccolti raccontano una realtà fatta di ostacoli visibili e invisibili contro cui le atlete continuano a scontrarsi. Quelle che praticano attività fisica e sportiva in Italia sono appena il 24% della popolazione e le tesserate quasi 1/3 del totale (Report Sport e Salute 2024) nonostante il loro crescente protagonismo in svariate discipline come atletica volley basket e calcio.

L’incertezza del dopo carriera pesa molto se il 59% delle atlete vorrebbe restare nel mondo dello sport e il 57% afferma che non è stata supportata a farlo in alcun modo e se la prospettiva che si apre loro è di un ambiente in cui nel 53,3% delle FSN (Federazioni Sportive Nazionali) non ci sono donne vice-presidenti o vicarie, il 33,3% non ha donne in uno dei due ruoli e solo 11,1% ha donne in entrambi i ruoli.

Fra i quadri tecnici la presenza femminile è solo del 23% mentre sono uomini l’83,3% dei medici federali e 76,9% dei responsabili uffici stampa, una penuria di modelli di ruolo con cui le atlete stentano ad identificarsi!

La difficoltà poi a combinare studio e sport è lamentata dal 49% del campione con una percentuale più alta fra le atlete in attività, presumibilmente come conseguenza dell’eccessiva crescita dell’agonismo che può comportare un impegno fino a 10 mesi all’anno e che fa dello studio la causa principale dell’abbandono dello sport e viceversa.

Un altro dato preoccupante è il crescente impoverimento dello sport nelle scuole e il peggioramento nel tempo del ruolo dell’insegnate e della scuola nell’avviare allo sport, riscontrato dal 76% delle intervistate.

La percezione di una ineguale promozione della propria disciplina rispetto al settore maschile rappresenta un’altra grave criticità per il 67%, come l’assenza di parità fra atlete e atleti nei soldi investiti per l’attività sportiva (86%), nella tabella premi (82%) e nel montepremi delle competizioni (80%).

Tra le vincitrici olimpioniche e protagoniste di competizioni nazionali e internazionali il 29% risponde di avere percepito discriminazioni nel corso della carriera sotto forma di variegate violenze, subdole ed esplicite che vanno dalla violenza fisica (7%) a quella sessuale (4%) da quella economica (il 77% non ha mai avuto un accordo o contratto di lavoro) alla violenza psicologica denunciata dal 44% e agita prevalentemente da tecnici e dirigenti.

Quest’ultima è frequentemente connessa anche alla esasperata attenzione che si riscontra oggigiorno per l’immagine e per le forme estetiche che ha provocato disturbi del comportamento alimentare nel 22% delle intervistate, valore tre volte superiori alla media nazionale.

Nel sub -campione delle atlete che hanno dichiarato di aver subito discriminazione (29%) le criticità evidenziate da tutte, qui registrano percentuali più corpose: come la mancanza di modelli di riferimento, mai una donna presidente di club per il 68%, assenza di accordo di lavoro (72%), violenza psicologica (77%), sensazione di disagio per il proprio corpo (61%), abbandono per inconciliabilità studio+sport per il 63%. Dati che segnalano come lo sport possa diventare un ambito di grande rischio dell’intersezionalità delle discriminazioni agendo come moltiplicatore delle fragilità.

La ricerca svela attraverso i dati problemi strutturali e sistemici del mondo dello sport che richiedono interventi non più rinviabili: come l’inserimento e la promozione di donne nei posti di vertice degli organismi dirigenti, l’implementazione dei ruoli tecnici a tutti i livelli con donne, la predisposizione di corsi di formazioni non solo tecnici ma trasformazionali per allenatori ma anche per dirigenti a vario titolo; la promozione di programmi per la doppia carriere (dual career) per studenti-atlete a carattere inclusivo. Una ridefinizione del profilo della nuova figura del safeguarding officer per accentuarne il carattere di terzietà e una riforma della giustizia sportiva non di facciata.

Si richiedono pertanto riforme strutturali per cambiare registro e di cui beneficerà il mondo sportivo e la società intera. Insomma è nel karma delle donne essere testa d’ariete per ampliare i diritti di tutte e tutti.

                                                                                  

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