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GiULiA audita dal Consiglio d'Europa

Al Palais de l’Europe di Strasburgo si è tenuta il 19 giugno scorso una importante riunione internazionale contro il linguaggio d’odio alla quale è stata invitata GiULiA, rappresentata nell’occasione da Silvia Garambois

GiULiA audita dal Consiglio d'Europa
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22 Giugno 2024 - 15.59


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Al Palais de l’Europe di Strasburgo, sede del Consiglio europeo, si è tenuta il 19 giugno scorso una importante riunione internazionale contro il linguaggio d’odio alla quale è stata invitata GiULiA, rappresentata nell’occasione da Silvia Garambois.

Nell’ambito della Settimana contro il discorso dell’odio e con il sostegno del Segretariato della Campagna per la sicurezza dei giornalisti del Consiglio d’Europa, il Comitato direttivo dei media e Società dell’Informazione (Cdmsi) ha organizzato infatti un seminario sui media e l’incitamento all’odio nel corso di una plenaria congiunta, insieme con le organizzazioni della società civile attive a livello europeo e nazionale, autorità nazionali, uguaglianza organi e difensori civici, mondo accademico, industria di Internet, funzionari eletti, governo rappresentanti dei media.Il seminario era articolato con due presentazioni di inquadramento generale e legislativo, tenute da Maja Zarich (presidente del Cdmsi) e dal prof. Tarlach Mcgonagle, dell’Università di Amsterdam, e a seguire le tre relazioni di Maja Cappello (Capa del dipartimento per l’informazione giuridica, e Osservatorio dell’audiovisivo- EAO); di Jennifer Adams, dell’Università di Vienna, e infine la nostra relazione, che ha riguardato in particolare le azioni dell’intervento di GiULiA di analisi e contrasto al linguaggio d’odio nei media italiani. Un lavoro che è stato apprezzato. Infine, su Quadri normativi, responsabilità e trasparenza, sono intervenuti Roberto Bortone dell’Unar e Urska Umek, Capa della Divisione Istituzioni Democratiche e Società Civile eSegretario del Comitato direttivo per la democrazia del Consiglio d’Europa.  Insomma: eravamo in onorevolissima compagnia! Aggiungiamo che i lavori del Consiglio sono proseguiti poi, a porte chiuse (l’iniziativa era appunto prevista per tre giorni), tra i membri del Consiglio. Qui di seguito l’intervento di Silvia Garambois (in originale in francese, anche se imperfetto!): 

GiULiA giornaliste, che qui rappresento, è una associazione di circa 400 giornaliste, solo donne, che opera principalmente sull’analisi del linguaggio dei media italiani. Tra questi il linguaggio d’odio. Su questo tema, per avere un quadro complessivo della situazione, collaboriamo con Vox, osservatorio sui diritti, che attraverso le ricerche delle università Aldo Moro di Bari, La Sapienza di Roma e la Statale di Milano stila ogni anno una classifica dell’odio sui social network.

Da questa analisi risulta che le donne hanno sempre il primato delle “più odiate”. Tra di loro le prime sono le donne impegnate in politica e le giornaliste.

Segnalo anche come nell’ultima ricerca di quest’anno sia prepotentemente tornato l’odio contro i portatori di handicap, al secondo posto di questa classifica.

Nella rilevazione non si parla ancora, invece, del linguaggio d’odio provocato dalla radicalizzazione sociale sulle guerre in corso che è invece, purtroppo, in grande espansione.

Per approfondire il tema dell’odio contro le giornaliste abbiamo realizzato un ampio réportage, con analisi e interviste (#Staizittagiornalista!, di S.Garambois e P.Rizzi per GiULiA) da cui risulta come l’aggressione alle donne che fanno informazione non è praticamente mai per i contenuti degli articoli, ma contro le donne in quanto donne, soprattutto con epiteti ingiuriosi, attacchi sessuali, body shaming e slut shaming, sia che siano inviate nei luoghi dei conflitti o commentatrici televisive, sia invece che siano croniste che si occupano di sport o di criminalità organizzata. È evidente una forte insofferenza per il fatto che siano donne a raccontare queste realtà.

Nelle testimonianze che abbiamo raccolto uno dei fili conduttori è che quasi tutte le giornaliste sono passate dall’iniziale sottovalutazione degli attacchi degli hater, al timore che il susseguirsi degli attacchi e degli insulti digitali potessero avere conseguenze anche reali, magari per emulazione.

Questo tipo di aggressione contro le giornaliste mina la necessaria serenità nel fare il proprio lavoro, preoccupa anche le redazioni dei giornali e le Forze dell’ordine, e rischia di condizionare l’informazione.

Per garantire una buona informazione, serve anche un lavoro in difesa dei diritti di chi fa informazione.

Riteniamo che una delle leve principali per affrontare questo problema sia il coinvolgimento della sfera politica e il rapporto con le istituzioni. In Italia noi abbiamo potuto discutere questi temi in Parlamento grazie all’invito della “Commissione interparlamentare antimafia”, presieduta dall’on. Walter Verini, e della “Commissione straordinaria del Senato su intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza”, presieduta dalla senatrice Liliana Segre.

Necessario, dal nostro punto di vista, anche lavorare insieme con le altre associazioni, i movimenti e gli studiosi che si occupano di questi temi, in particolare su minoranze e discriminazioni. Noi aderiamo alla “Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio”, coordinata dal prof. Federico Faloppa – che partecipa a questi lavori -, dove sono presenti tra gli altri Amnesty, Emegency, Action Aid e numerose altre associazioni.

Non ultimo, il confronto diretto con le giornaliste e i giornalisti sul linguaggio d’odio nei media: come GiULiA, in quanto ente formatore, realizziamo molti corsi di aggiornamento professionale su questi temi. Riteniamo infatti che la presa d’atto e la conoscenza del fenomeno sia sempre il primo passo, per evitare che gli stessi media si trasformino in strumenti – anche ignari – per la divulgazione dell’odio. Constatiamo infatti che spesso c’è una disattenzione sui temi del linguaggio, soprattutto nei giornali via web, causata anche dai tempi accelerati per la realizzazione di articoli e titoli: poiché il linguaggio utilizzato in modo corretto dai media è invece, secondo noi, il primo strumento per evitare la spirale d’odio, l’attenzione alle parole usate può diventare un potente antidoto all’odio.  

In Italia i corsi di aggiornamento professionale sono obbligatori per legge, gestiti dall’Ordine dei giornalisti; secondo noi è rilevante che questi corsi negli ultimi anni siano stati dedicati, oltre che al contrasto del linguaggio d’odio, al contrasto alla violenza di genere, al corretto linguaggio Lgbtqia+ come a quello sull’handicap.    

Il linguaggio d’odio infatti si nutre di stereotipi, alimentato sui social network da una sempre maggiore polarizzazione e radicalizzazione del modo di esprimersi.

Secondo noi emerge il grandissimo tema della moderazione, in cui sono molti i soggetti ad avere responsabilità: oltre ai grandi monopolisti, tutti gli influencer in senso lato, tra cui anche il mondo politico e gli stessi media, che contribuiscono ad una polarizzazione del dibattito pubblico in cui viene premiato chi alza di più la voce e attacca più violentemente. C’è un difficile bilanciamento tra libertà di manifestazione del pensiero e tutela della dignità dei singoli e del principio di non discriminazione.

Non si tratta di limitare la libertà di espressione ma di un’etica della responsabilità sulla base della consapevolezza che le parole hanno conseguenze e che la violenza verbale basata sulla discriminazione, in particolare quella di genere, si configura come una violazione dei diritti umani la cui tutela deve diventare prioritaria anche nell’agenda politica”.

A questo link trovate la registrazione in aula dell’intervento di Silvia Garambois

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