‘Gerusalemme, 21 gen – Oltre 200 donne, laiche e religiose, hanno ballato assieme nelle strade del sobborgo ultraortodosso di Beit Shmesh a Gerusalemme sulle note di Don”t stop me now dei Queen per proclamare il loro diritto a muoversi liberamente nel quartiere. Ma le iniziative ironiche e dissacranti, come questo flash mob di alcuni giorni fa, non bastano da sole a risolvere il problema della convivenza fra i laici e i più estremi fra gli ultraortodossi, che per molti israeliani rischia di mettere in pericolo il carattere democratico del loro Stato.
«O c”è democrazia o c”è teocrazia, non si possono avere le due cose insieme, se c”è una legge dello stato tutti la devono rispettare, altrimenti si rischia di tornare al Medioevo», ha detto Yael Dayan, intellettuale ed esponente politica, figlia del generale Moshe Dayan, secondo la quale vi è un”alleanza fra gli ultra religiosi e l”estrema destra, che rappresenta un «pericolo per la democrazia» e contro la quale bisogna assolutamente «battersi».
I segnali d”allarme del crescente scontro fra laici e ultraortodossi sono sempre più numerosi. Il 17 dicembre ha fatto scandalo la vicenda di una donna, Tanya Rosenblit, insultata perché ha rifiutato di sedersi nel fondo di un autobus della linea pubblica Ashdod- Gerusalemme per mantenere la segregazione fra uomini e donne imposta di fatto sul mezzo dai passeggeri ultraortodossi. Pochi giorni dopo, molti israeliani si sono commossi e indignati di fronte alle lacrime di una bambina di otto anni, residente a Beit Shmesh, che ha raccontato in televisione di aver paura degli ultraortodossi che la aggrediscono con insulti e sputi lungo la strada per la scuola a causa degli abiti ”poco modestì. A questi episodi più eclatanti si aggiungono continue frizioni nella vita quotidiana, per esempio nei centri medici dove uomini e donne si possono trovare assieme in attesa. O pressioni sui negozianti perché le commesse siano vestite modestamente e siano evitate pubblicità oscene. In una biblioteca pubblica di una cittadina abitata da ultraortodossi è stata perfino creata una sala separata per gli autori laici. «Un apartheid dei libri», ha commentato Etgar Keret, uno degli autori colpiti.
Lo scontro non ha risparmiato nemmeno l”esercito. Il casus belli è stata una cerimonia militare dove una soldata è stata invitata a cantare sul palco, provocando l”abbandono della sala da parte dei commillitoni più religiosi. I vertici delle forze armate hanno risposto emanando un ordine che fa divieto ai militari di chiedere l”esenzione dalle cerimonie dove cantano donne. La vicenda ha provocato le dimissioni del rabbino dell”aviazione, Moshe Ravad, responsabile del programma per facilitare l”ingresso degli ultraortodossi nelle forze armate. E un altro rabbino, Eliezer Melamed, uno dei leader del gruppo Sionismo religioso, ha esortato i soldati religiosi a rischiare anche il carcere pur di non ascoltare il canto di una donna.
Se la situazione di stallo e relativa bassa conflittualità con i palestinesi contribuisce ad accendere i riflettori sulla questione ultraortodossa, molti osservatori concordano sul fatto che il problema sia in primo luogo aumentato per motivi demografici. Gli haredim letteralmente i timorati, i più religiosi fra gli ortodossi, hanno famiglie molto numerose, con almeno sette-otto figli e, secondo varie stime, rappresentano ormai il 10% dei cittadini ebrei di Israele. Se prima vivevano quasi soltanto in aree ultraortodosse come Mea Sharim a Gerusalemme, ora si stanno espandendo in altre aree e il loro stile di vita entra in conflitto con i vicini laici o meno osservanti. Ma cè anche chi accusa l”attuale governo di centro destra di aver creato un clima a loro favorevole, anche se il primo ministro Benyamin Netanyahu ha pubblicamente condannato alcuni episodi più estremi, come quello dell”autobus.
Gli altri governi cercavano di «cementare assieme» la nostra società composita, «questo pensa che democrazia sia imporre il pensiero della maggioranza» – afferma Keret – Lo spirito del tempo – continua – è quello dell”aggressività, del forzare le persone, e raggiunge anche gli ultraortodossi» che si sentono legittimati a cercare di imporre la loro visione di un mondo «dove le leggi degli uomini sono inferiori a quelle di Dio». Ma per interpretare a pieno il fenomeno non bisogna dimenticare che il mondo degli ultraortodossi è vasto e articolato. «Va fatta una distinzione fra ortodossi light che vivono vite normali, solo osservando maggiormente le regole della religione e indossano la papalina fatta all”uncinetto, poi vi sono quelli con la papalina nera, un po” meno light, le cui donne hanno la testa coperta, e infine vi sono gli haredim, e al loro interno quelli ancora più religiosi fino ad arrivare ai fanatici che addirittura non riconoscono Israele», spiega la scrittrice Manuela Dviri Norsa. E fra gli ortodossi c”è anche chi è preoccupato dai fenomeni d”intolleranza da parte delle frange più estreme degli haredim, che finiscono per nuocere ai religiosi. «I rabbini devono offrire
soluzioni, non problemi», dice il rabbino Haim Amsellem, eletto in parlamento con il partito ultraortodosso sefardita Shas. Oggi ha fondato un partito che porta il suo nome e si propone come «ponte» fra laici e religiosi. «Il paese deve rispettare la tradizione, ma non cadere verso l”estremismo», afferma. Noi sefarditi abbiamo una tradizione di «tolleranza» e per questo possiamo svolgere un ruolo di mediazione anche se, ammette il rabbino, «è molto difficile dialogare con gli estremisti». «Noi siamo pronti a far passare delle leggi in parlamento per bloccare gli estremisti – afferma – appena si verificano situazioni inaccettabili bisogna intervenire subito. La maggioranza non ama questi estremisti, sono poche centinaia ma fanno molto rumore, e l”estrema sinistra cerca di usare questa situazione contro il centro».
Oltre agli scontri su religione e ruolo della donna, ad irritare i laici sono anche i vantaggi di cui godono gli utraortodossi. Gli haredim, racconta Dviri,«non fanno il servizio militare, gli uomini studiano nelle scuole rabbiniche e spesso le famiglie vivono in condizioni di semi povertà grazie alle piccole borse di studio dello stato. In genere lavorano solo le donne, nelle loro scuole o nel mondo dell”Hi tech». Per questo, sostiene la scrittrice, bisognerebbe togliere loro questi sussidi «in modo che debbano lavorare, che escano da questa bolla irreale». Essendo in crescita numerica gli ultraortodossi vengono sempre più difesi in parlamento, nota Dviri, «ma verrà il momento in cui tutto questo dovrà cambiare, perchè non è possibile che i laici reggano sulle loro spalle chi non lavora. (adnkronos.it)’
Israele: un ballo per la democrazia. Laiche e religiose unite contro gli ultraortodossi
Flash mob con oltre 200 donne nelle strade di Gerusalemme. Ma il problema riguarda una convivenza sempre più difficile con gli estremisti religiosi
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24 Gennaio 2012 - 09.41
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