Miriam, che poi sarebbe Maria all’anagrafe, ma la scelta dell’originaria forma ebraica del nome fu tutt’altro che causale per una come lei che ricorda “quando, nel ’38, in applicazione delle leggi razziali fui allontanata dal mio ginnasio”; Miriam che nei primi anni della sua vita di cognome faceva Raphael come la madre scultrice e straniera. Figlia, anche, del pittore Mario Mafai, adolescente già attiva nella Resistenza romana, poi a lungo funzionaria del Pci, via via sino alla Miriam Mafai giornalista e autrice di libri bellissimi che abbiamo ben conosciuto e apprezzato. Basterebbe per tutti “Pane nero”. Sino a coprire la carica di presidente della Fnsi.
Ed è difatti così che l’avevo conosciuta bene – dopo averla letta e seguita sulla carta – , cioè di persona, spontanea, saggia e divertita, sempre curiosa di tutto.
Perché ne scrivo? Perché la sua è una delle brevi biografie (“Miriam Mafai” di Lidia Luberto, prefazione di Irene Giacobbe) che la Maria Pacini Fazzi Editore ha pubblicato nella sua collana “Italiane”.
Una collana con cui si fa il giro del Paese e delle (anzi, di alcune fra) le sue eccellenze femminili, dalla milanese Cristina Trivulzio alla romagnola Nilde Iotti, alla sarda Grazia Deledda e via via per 11 biografie, per ora.
La casa editrice, di Lucca, ha l’epicentro nella bella città toscana e su di essa ha in catalogo testi di storia e arte e cucina nonché mappe, cui se ne aggiungono altri di respiro nazionale su letteratura, teatro, sociologia per un totale di oltre trecento titoli… Una casa editrice al femminile, come tale voluta e gestita ormai da 54 anni, che sin dalla sede a grandi vetrate mostra quale sia lo spirito che la anima: una curiosità intelligente. Orgogliosamente femminile.