ATF
8 Marzo: le donne sarde in primo piano per la pace in Ucraina. 30 rappresentanti del mondo del lavoro, università, istituzioni, hanno fatto sentire la loro voce in una Giornata internazionale della donna nel segno della riflessione e della solidarietà. L’ occasione è stato l’ incontro sul tema “Pensieri e parole delle donne sul mondo che cambia”, che si è svolto a Cagliari alla Mediateca del Mediterraneo, organizzato da Giulia Giornaliste Sardegna in collaborazione con gli assessorati alla Cultura e alle Pari Opportunità del Comune del capoluogo sardo. Alla base del convegno la necessità di riflettere e valorizzare le competenze, le professionalità e le esperienze di quante nei vari ambiti, come università, giustizia, informazione, sociale, con il loro impegno e il loro lavoro, si pongono ogni giorno al servizio della società, e per comprendere, in un’ottica di genere, evoluzione e cambiamenti in atto. Quattro i temi sviluppati: post pandemia, social e socialità, giustizia e diritti, nuove tecnologie e creatività.
Ognuno è stato moderato da una giornalista di Giulia: Roberta Secci, Simona Scioni, Daniela Pinna e Alessandra Menesini. Tra le relatrici un’ altra Giulia, Alessandra Sallemi.
Il coordinamento è stato affidato a Alessandra Addari, segretaria nazionale di Giulia. Un incontro organizzato con un obiettivo: “offrire un contributo pluridisciplinare e multitematico alla conoscenza delle articolate problematiche che emergono nella nostra attualità e coinvolgono adulti e giovani generazioni, mettendo in luce le migliori esperienze femminili dell’ Isola”, ha messo in rilievo Alessandra Addari.
L’evento, trasmesso in streaming sui canali social dell’Associazione, è stato patrocinato dal Consiglio regionale della Regione Sardegna, dalla Commissione regionale Pari opportunità, dalle università di Cagliari e Sassari, Anci Sardegna e Fondazione di Sardegna.
“Inevitabile il focus su post pandemia e guerra in Ucraina, contesti di grande sofferenza nei quali le donne sono protagoniste”: Susi Ronchi, fondatrice di Giulia nell’Isola, ha aperto con queste parole il dibattito incentrato su questioni cruciali come giustizia, diritti, metaverso, istruzione ma anche uso delle nuove tecnologie digitali e le nuove frontiere del lavoro.
“Giulia Giornaliste – ha spiegato Susi Ronchi – propone un confronto sui linguaggi dell’informazione, irrinunciabili strumenti di orientamento per navigare nella complessità di questo nuovo mondo”. E l’informazione gioca un ruolo chiave. “Si può essere testimoni di pace raccontando la guerra – ha sottolineato Incoronata Boccia, vice capo redattrice della Tgr Rai Sardegna – Questo è il valore di militanza civica della professione giornalistica. Sono numerose le inviate al fronte in questa crisi Ucraina: per la Rai sono partite tante colleghe che con il loro lavoro operano per la pace e a rischio della propria vita fanno conoscere al mondo la crudeltà della guerra. Dovrebbe inquietare chiunque il ritiro dell’informazione libera dalla Russia dopo l’introduzione di provvedimenti contro la libertà di stampa, con pene fino a 15 anni di reclusione. In questo modo si rinuncia al racconto della tragedia, parlerà solo la voce di regime, e si lascia spazio al proliferare delle fake news”.
Delegata ai diritti civili dei giovani democratici della Sardegna, Sara Piu ha preso parte a Strasburgo a un’assemblea studentesca per il futuro dell’Europa. “Vista la situazione in Ucraina, ho ricordato – ha raccontato – la Convenzione di Dublino per l’asilo ai rifugiati. È necessario che l’Europa si adoperi per creare i corridoi umanitari per i civili ucraini in fuga dal conflitto”. Anche la cultura fa la sua parte ma con la guerra la mobilità di studenti e studentesse è fortemente a rischio. “La ‘generazione Erasmus’ – ha argomentato Valentina Cuzzocrea, docente di Sociologia all’Università di Cagliari – si era ormai abituata a viaggiare, confrontarsi all’interno di un grande spazio europeo, dove la guerra sembrava uno sbaglio del passato. I giovani e le giovani di oggi hanno già sperimentato impensabili restrizioni durante la pandemia, che hanno compresso capacità, talenti e inclinazioni. Ora che emergono nuove, urgenti necessità legate alla sopravvivenza, la padronanza delle nuove tecnologie e dei social media potrebbe rivelarsi nel quotidiano uno strumento prezioso per creare piccoli ponti anche laddove quelli più grandi sono stati distrutti”.
Alla conferenza hanno partecipato anche le assessore del Comune di Cagliari alla Cultura, Maria Dolores Picciau e alla Pubblica istruzione e Pari opportunità, Rita Dedola. “Vorrei ricordare tutte quelle donne vittime di femminicidio che hanno pagato con la vita il loro bisogno di libertà. Tutte quelle donne che contribuiscono ogni giorno in silenzio a educare i figli ai valori fondamentali della società. E quelle che con la loro azione lavorano ogni giorno per migliorare il mondo. Il loro diritto alla libertà”, ha detto Maria Dolores Picciau.
“Nella ricorrenza della Giornata internazionale dedicata ai diritti delle donne – ha rimarcato Rita Dedola – l’auspicio è che la storia si riappropri della figure femminili, che ne hanno determinato il corso in tutti i campi, politico, culturale, artistico, scientifico. Perché finalmente venga conosciuta e diffusa”. Nutrita la presenza anche di giovani.
In platea le classi 3I e 3J del Liceo delle Scienze Umane De Sanctis Deledda di Cagliari.
Studenti e studentesse nei giorni precedenti il convegno, hanno discusso in classe sui temi del gender gap e stereotipi di genere. Le classi, preparate dalle docenti Simona Pirosu e Franca Rita Porcu, hanno preso coscienza delle persistenti e sottili discriminazioni che ancora ostacolano la piena affermazione delle donne nei luoghi di lavoro.
All’ incontro è intervenuta, tra le altre, anche Marta Galinanes, presidente del Comitato Unico di Garanzia dell’Università di Sassari. “Gli uomini fanno la guerra; le donne vivono le conseguenze. Ma vivere le conseguenze non significa essere una vittima passiva – ha spiegato – oggi le donne sono attivamente coinvolte in molti conflitti armati, in modi diversi: donne che prendono le armi, donne che continuano a fare il proprio lavoro, donne che, come nel conflitto ucraino, sono costrette a salutare i loro mariti, fratelli, figli. Le donne sentono il dolore, resistono alla sofferenza e, in molti casi, sono costrette a reinventarsi, a perdere la loro identità per assumerne una nuova, segnata dalla guerra. La mia speranza è che si arrivi a vedere le donne nel loro insieme e non solo come vittime”. Il pensiero, ha concluso Susi Ronchi, “non può che andare alle donne della resistenza, in difesa della libertà e della pace”. Con un auspicio: “La storia non può cancellarle dal suo racconto ufficiale”.