Vorrei ritornare con poche righe sulla notizia – non così frivola come sembra – della presenza di scene di violenza sessuale nel prossimo videogioco di Lara Croft.
Sappiamo che Lara – come successe per Jessica Rabbitt – è stata ‘disegnata così’ per strizzare l’occhio ai gamers maschi. Seno prorompente, magliette attillate effetto-bagnato, decisa e forte qubbì. Una sorta di donna ideale, perché la sua attività (piuttosto maschilmente condotta) fa immaginare ‘niente amore e magari sesso senza impegno’. Una che non ha alcuna intenzione di sposarsi, che non nutre ridicole e impossibili aspettative sulla sua capigliatura (a differenza delle eroine Disney), eternamente botox&ialuronic-free, più a suo agio con caricatori di mitra che con pastiglie di detersivo per lavastoviglie.
Un sogno erotico in più per gli uomini. E forse anche un modello diverso (che non siano le Winx) per le donne, perché no?
Ma con le altre donne anch’io mi ribello contro la prossima release di Tomb Raider. C’è un’eroina, seppur virtuale, che è protagonista del video-gioco più famoso al mondo (è entrato nel Guinness per questo). É bella, famosa e forte e forse per questo la si deve svilire rendendola vittima di uno stupro. Non basta la sua determinazione o la sua bravura: anche Lara Croft può essere vittima. Ma non di un agguato nella giungla.
Ho pensato, leggendo la notizia, che agli uomini andasse di traverso che una donna potesse essere così brava e pressoché invincibile. Cosa c’è di meglio di una bella scena di violenza sessuale per rimettere a posto i luoghi comuni? Così aumentiamo il tasso di attizzamento globale dei giocatori maschi, nonché il successo del gioco attraverso il battage promozionale. Che messaggio è questo?
I videogames – al pari di ogni prodotto culturale e mediatico – innescano emulazione, ma soprattutto rendono famigliari ed accettabili anche atteggiamenti e comportamenti che la morale, l’etica e la legislazione comune considera reati: la violenza, le stragi, gli assassinii, la guerra, l’odio razziale, lo scontro di civiltà. Ci mancava lo stupro di una ‘tosta’.