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Il fatto. Un paio di settimane fa, la mia piccola famiglia decide di andare in pizzeria. Dopo poco arrivano, anche loro per una pizza, un nostro amico e suo figlio, entrambi operatori delle forze dell’ordine, ma in borghese. Il dettaglio non è ininfluente, poi capirete perché.
Ancora qualche minuto e sopraggiungono due tizi, circa quarantenni.
Producendosi in atteggiamenti al limite della spavalderia, si siedono poco distanti dal nostro tavolo, cominciando a parlare ad alta voce. Impossibile non sentire, anche perchè il locale è semivuoto.
Capiamo – dai discorsi – che uno dei due avventori è titolare di azienda ed è crucciato in quanto non riesce a trovare il metodo per licenziare una sua dipendente. Non si capisce, però, per quale motivo voglia mandarla via. Il suo commensale con dovizia gli spiega come si fa a levarsi di torno un lavoratore, a prescindere dal motivo, o dalla causa. La soluzione al suo problema è anche più facile, gli spiega, in quanto la donna è una lavoratrice straniera.
“Guarda – gli dice sicuro – si fa così e così”. E continua con tattiche e soluzioni assolutamente non ortodosse per licenziare, diciamo pure, per sbarazzarsi della dipendente.
Chiude la sua truffaldina ‘consulenza’ con un “… e così ti liberi di quella stronza!”
Stronza? Perchè mai stronza? Nella dovizia del racconto, non era emerso che fosse stata una mariuola, tantomeno che avesse agito in maniera illegale.
Stronza solo perchè donna, straniera, sostituibile, o perchè indisponibile? Chissà. Tutti i pensieri sono leciti, anche perchè il datore di lavoro si è rivolto al suo spudorato amico-commensale per farsi aiutare in qualcosa in cui non era riuscito fino ad allora: mandarla via legalmente. Un ostacolo c”era: le norme. Le norme attuali finora glielo avevano impedito ed ecco passare al piano B: esercitare un arbitrio e confidare nella lentezza della giustizia per sfiancare la licenziata. Senza soldi né lavoro e con il rischio di perdere il permesso di soggiorno, sarebbe stata costretta ad accettare un qualunque arbitrato. “… e così ti liberi di quella stronza!”
Nella mia famiglia vive un dirigente sindacale, uno agguerrito che ha combattuto mille e mille battaglie sui posti di lavoro, ed anche prima – da giovane – era un impegnatissimo militante politico: prevaricazioni ed ingiustizie gli provocano una reazione fisica. Idem, per i nostri amici di cui sopra, in abiti borghesi. Rimaniamo così, purtroppo, costretti ad ascoltare inermi (che fai, ti alzi e je meni? Li denunci? E con quali prove?) le smargiassate di questi due sfrontati contro una lavoratrice, una donna e per giunta straniera. Parlano e giudicano senza pudore, non provano la benché minima vergogna (neanche un pizzico di disagio in pubblico) nel decidere del destino di una persona apostrofandola con termini da trivio, negandole una qualsiasi dignità, quasi fosse un animale domestico da sperdere in autostrada. Essì che l”abbandono dei cani sull”autostrada è un reato.
L”abbassamento etico e morale è ormai senza limiti in questo nostro Paese. Impunemente si possono organizzare illeciti e vantarsene. Tempi biblici, disapplicazioni normative, insicurezza della pena, connivenze e rassegnazione alimentano il degrado valoriale. Delle proprie attività illegali si è arrivati a vantarsi ad alta voce in un locale pubblico, ma perchè abbiamo sentito altri vantarsene orgogliosi per televisione (evadere il fisco, giustificare il falso in bilancio, frodare sulle quote latte, corrompere gli avvocati inglesi, affermare in Parlamento che Mubarak aveva una nipote discola in Italia da proteggere, compiacersi del terremoto a L”Aquila o fintamente commuoversi, elogiare la mazzetta, come ho sentito proprio in questi ultimi giorni).
L”aggravante – come al solito – è che questa vicenda riguarda una persona-lavoratrice-donna-straniera: il sottoinsieme di popolazione attualmente più indifeso e debole.
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