Un otto marzo di soddisfazione, quello festeggiato ieri a Palazzo Marino a Milano, organizzato dalla delegata del sindaco per le Pari Opportunità Francesca Zajczyk: sala strapiena (anche uomini e non pochi) allievi della Civica Scuola di musica a deliziare i presenti con musiche rinascimentali, Eva Cantarella, massima
esperta di aspetti sociali nel mondo greco e romano a raccontare con ironia da q
uali antichissime faccende e vicende e soprattutto da quali autorevoli menti (il
primo teorico pare sia stato Esiodo, nientemeno) è nata la discriminazione nei
confronti delle donne. Un sentire che tanto per dire ancor oggi ci colloca oggi
al 47° posto nel mondo, grazie al nostro ampio gender gap.
Soddisfazione, comunq
ue a Milano perché insieme alla delegata erano presenti la vicesindaca, 5 assess
ore (il 50% della giunta, finalmente!), 8 consigliere, presidente e vicepresiden
te della commissione Pari Opportunità, la delegata alla partecipazione civica. I
nsomma, il sindaco Giuliano Pisapia ci ha dimostrato che quando si vuole si può,
anche perché nomi di donne sono comparsi nei vertici delle partecipate comunali
(in un anno dal 30 al 47% di presenze) e altri ne arriveranno coi prossimi conc
orsi. Se poi si farà, come annunciato, l’assessorato al benessere (che non è una
spa ma un organismo che lavorerà per conciliare i diversi aspetti dell’esistenz
a, e chi più di una donna lo sa fare…) saremmo un buon esempio per tutti.
Chiusa questa partigiana parentesi, alcune note tra le tante cose che Eva Cantar
ella ha raccontato. Per cominciare ha voluto rendere giustizia ad una poetessa m
isconosciuta vissuta ai tempi di Augusto (lo sapevate che l’imperatore era un od
ioso bacchettone, moralista e libertino?). Lei era una giovane aristocratica, Su
lpicia, e ha scritto alcune bellissime poesie d’amore per il suo uomo, Cerinto,
nelle quali oltre tutto dichiara di avere fatto l’amore con lui, cosa per la qua
le rischiava l’esilio a vita. Di Sulpicia si sa pochissimo perché le sue poesie
sono state inglobate nel «Corpus Tibullianum», e fino ad oggi tutti convinti che
Tibullo le avesse scritte come esercizio di stile mettendosi nei panni di una d
onna…. per duemila anni nessuno ha potuto nemmeno pensare che fosse stata una
colta ragazza romana.
E che le donne romane fossero straordinarie lo ha confermato anche un altro bell’episodio. Forse per via dell’utilizzo molto diffuso di piombo per utensili e tubature eccetera, una sorta di avvelenamento limitava la fertilità degli uomini. La colpa? Delle donne, che non volevano far figli e preferivano darsi alla vita libertina. La soluzione: chiunque avrebbe potuto denuncia
re una donna per il solo sospetto di libertinaggio, e la poveretta finiva a Vent
otene per sempre. Rischiavano tutte, tranne le prostitute. E che fanno le matron
e romane? Si vanno ad iscrivere in massa alla lista delle puttane: a dir poco ge
niale.
Ultima noticina, che la dice lunga su come il tema della differenza di ge
nere sia sempre stato tradotto in inferiorità femminile: dai vari grandi saggi d
el passato tipo Aristotele ed Eschilo che teorizzavano addirittura la non appart
enenza fisica del figlio alla madre (lui ospite in un’ospite fatta di acqua e te
rra, materia senza spirito) le teorie si perpetuano fino ai giorni nostri, passa
ndo anche attraverso gli insospettabili fratelli Grimm, proprio quelli di Cappuc
cetto Rosso e Cenerentola. Dobbiamo a loro, noti linguisti, l’ineffabile divisio
ne in lettere maschili, belle forti e decise, e femminili, naturalmente sciape insulse e deboli.